Justice e Bernice - Foto Luigi Russo
Da pochi giorni per la prima volta pomodori della dignità e dei diritti crescono in un ghetto di immigrati. Coltivati da braccianti immigrati regolari e con contratto regolare. Non era mai successo. E diventeranno una passata molto particolare, "Salsa Bakhita", cioè "fortunata" in arabo, ma anche il nome della santa africana, prima schiava e poi suora. Nome non scelto a caso. Accade, infatti, a Tre Titoli, nelle campagne di Cerignola, casolari, baracche e tende che nella stagione del pomodoro arrivano ad ospitare più di mille braccianti. Qui vivono, per andare ogni mattina nei campi a raccogliere i rossi ortaggi. Sfruttati, invisibili, preda di caporali e di imprenditori fuori legge. Da una settimana alcuni di loro lavorano qui, curando le 10mila piantine di pomodoro ciliegino appena messe a dimora.
Tante file che hanno colorato di verde, e tra poche settimane di rosso, un piccolo terreno alle spalle di "Casa Bakhita", la struttura di accoglienza creata dalla Diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano e inaugurata un anno fa. Una grande casa bianca con all'interno una sala di culto, un ambulatorio, un centro d’ascolto legale, uno per le pratiche di lavoro, una sala per i colloqui protetti per le vittime di tratta, una mensa, le docce. Davanti un grande spazio coperto, dietro il terreno coi pomodori. Nel centro operano i volontari del progetto "Presidio" della Caritas, di Migrantes, Oasi 2 per la tratta, Intersos, Casa della Carità, Croce Rossa. Oltre ai medici volontari guidati dal dottore Antonio Paleari, che della casa è anche il direttore, partito volontario dopo Pasqua per la Liguria per occuparsi dell'emergenza Covid-19. E anche la coltivazione dei pomodori è il frutto di questa bella rete.
Bernice al lavoro nel campo della legalità - Foto Luigi Russo
Un progetto sperimentale che vede protagonista la Caritas insieme alla Cooperativa Sociale “Pietra di Scarto”, nata col Progetto Policoro della Cei e da sempre impegnata nella lotta al caporalato. "Salsa Bakhita: a Tre Titoli proviamo a coltivare dignità" è lo slogan dell'iniziativa. Non solo coltivazione perchè i pomodori diventeranno 10mila bottiglie da 440 grammi di passata che potranno essere acquistate da coloro che vorranno sostenere il progetto. “Sarebbe bello – spiega il direttore della Caritas Don Pasquale Cotugno – se questo prodotto diventasse un simbolo per il nostro territorio. Simbolo di rinascita e di giustizia, simbolo di diritti rispettati, simbolo di equità”. Gli introiti dell’iniziativa serviranno a sostenere nuove progettualità e a sviluppare opportunità occupazionali per persone in situazione di fragilità. A cominciare dai primi braccianti che stanno curando le piantine.
Al lavoro per i pomodori dei diritti - Foto Luigi Russo
“Abbiamo assunto per la gestione dell’appezzamento due persone, marito e moglie, cittadini ghanesi, che provengono da un percorso comune a molti, dove spesso in gioco c’è la vita stessa. È stata la Caritas a segnalarceli e siamo stati ben felici di accoglierli”, racconta il presidente della cooperativa, Pietro Fragasso. Si tratta di Justice e Bernice dei quali abbiamo raccontato la storia un anno fa. Arrivati in Italia nel 2017, partiti dalla Libia con un barcone, salvati dalla nave di una Ong e sbarcati a Crotone. Poi il ghetto di San Ferdinando, dove hanno vissuto in una baracca di legno e plastica. A marzo lo sgombero e le ruspe. Così la coppia si è trasferita a Tre Titoli, nuovamente in una baracca. Ma la storia non è finita male. Aiutati dai volontari del progetto "Presidio" sono riusciti ad avere una casa vera, un primo lavoro vero e così a convertire il permesso di soggiorno umanitario, in scadenza, in uno per lavoro. Ora un nuovo contratto con la cooperativa.
Accanto a loro altri lavoratori, italiani e stranieri. Si tratta di beneficiari di sette borse lavoro per persone in pena alternativa al carcere, grazie al prezioso sostegno dell’Ufficio Locale di Esecuzione Penale Esterna di Foggia, col quale la cooperativa collabora dal 2013. "Imparando il lavoro della terra - dice ancora Pietro - queste persone imparano la bellezza della dignità che passa per la fatica e la soddisfazione di pensarsi diversi, nuovi”. A loro da poco si è aggiunto il giovane gambiano Mbaye, sopravvissuto a un grave incendio a Borgo Mezzanone, un altro famoso ghetto foggiano. Un'altra storia di riscatto. "A Tre Titoli - assicura a don Pasquale - non vogliamo solo portare dei servizi, se pur necessari, vogliamo anche rendere gli abitanti protagonisti di un cambiamento culturale. Saranno loro a lavorare la terra attraverso un lavoro degno e un contratto che rispetti pienamente i loro diritti. E questo a Tre titoli è rivoluzionario!”.