Alle frontiere dell'Unione Europea, ma anche a quelle interne, c'è una vera e propria emergenza dal punto di vista della tutela dei diritti umani di richiedenti asilo e profughi. Non è dunque solo l'Europa a non attuare adeguate politiche di integrazione, ma gli stessi stati membri che poi puntano il dito contro Bruxelles. Che arrivino per mare o attraverso le montagne, spesso i migranti subiscono respingimenti violenti alla frontiera da parte delle forze dell'ordine, anche se minori o in condizioni precarie di salute. E chi non viene respinto subito, viene esplicitamente scoraggiato dalle autorità dal presentare domanda di asilo.
E' la denuncia che emerge dalla ricerca presentata oggi a Roma dal Centro Astalli «Dimenticati ai confini dell'Europa», realizzata in collaborazione con il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (JRS) e l'Istituto di formazione politica Pedro Arrupe di Palermo. Il rapporto si basa sul 117 interviste realizzate in diversi paesi d'arrivo: nell'enclave spagnola di Melilla in territorio marocchino, in Sicilia, a Malta, in Grecia, in Romania, in Croazia e in Serbia. A presentare il dossier sono stati il presidente del Centro Astalli, padre Camillo Ripamonti, il direttore del JRS Europa padre Josè Ignacio Garcia e la curatrice della versione italiana Chiara Peri.
Dalle interviste è emerso un tratto comune, ha spiegato padre Garcia: «Il vero problema rispetto alle politiche europee è che non stanno avendo nessun impatto. O meglio, sono riuscite a ridurre il numero degli arrivi via mare in Italia e Grecia ma hanno chiaramente fallito nel loro obiettivo di migliorare la situazione di tante persone in cerca di protezione». In sostanza «gli stati membri dell'Ue continuano a investire le loro energie e risorse nel cercare di impedire ai migranti e rifugiati di raggiungere l'Europa o, nel migliore dei casi, vorrebbero confinarli in "centri controllati" ai confini esterni». Fatto ciò, ha detto il direttore di JRS Europa, «i politici europei sembrano pensare che se impediamo ai rifugiati di raggiungere le nostre coste, non abbiamo bisogno di un sistema d'asilo comune in Europa».
Arrivare ai confini dell'Europa costa sacrifici e sofferenze spesso enormi. Particolarmente esposte le donne, abusate o costrette a prostituirsi per pagare i trafficanti. Una giovane somala di 19 anni ha raccontato che uno dei trafficanti l'ha minacciata di toglierle il bambino e venderlo se non avesse trovato la somma per la traversata. Chi arriva non di rado subisce violenze, stavolta dai tutori dell'ordine in divisa: Quasi tutti i 17 intervistati in Croazia e Serbia, tra cui 5 minori, hanno riferito di violenze fisiche da parte della polizia di frontiera croata e di respingimenti immediati verso la Serbia. Storie analoghe da Melilla: Mamadou, 27 anni, del Burkina-Faso, dopo aver scavalcato l'ultima serie di barriere è caduto da sei metri ferendosi gravemente le caviglie: le forze di sicurezza spagnole invece di portarlo in ospedale lo hanno respinto in Marocco. A Derav, curdo iracheno chiuso in un centro di detenzione in Romania - racconta la ricercatrice Chiara Peri - è stata rifiutata la domanda di asilo perché presentata dal centro di detenzione e non al momento in cui è arrivato.
L'accesso alle procedure d'asilo poi - afferma la ricerca - viene spesso scoraggiato esplicitamente con la giustificazione che la domanda non verrebbe accettata. Molti evitano di presentarla, mentre tentano di raggiungere familiari o amici in altri paesi, consci che il regolamento di Dublino li rispedirebbe al paese di ingresso, da cui altri fuggono «per le condizioni disumane dei centri di accoglienza in cui si trovano».
«In un momento in cui molti migranti restano intrappolati in Libia in condizioni disumane e il soccorso in mare è meno efficace rispetto al passato - ha detto padre Camillo Ripamonti - il nostro Paese ha scelto di adottare nuove misure che rendono più difficile la presentazione della domanda d'asilo in frontiera, introducono il trattenimento ai fini dell'identificazione, abbassano gli standard dei centri di prima accoglienza, oltre a cancellare migliaia di posti di lavoro nel settore».
«Di solito incolpiamo l’Europa - ha concluso i direttore del Centro Astalli - di quanto sta succedendo sul fronte migranti. La ricerca mette bene in luce che la responsabilità di questa situazione è la poca lungimiranza di ogni singolo Stato: di quelli ai confini ma anche di tutti gli altri. Di come questa situazione sia figlia di interessi dei singoli stati e che solo il pensare veramente insieme come Europa continente dei diritti ci permetterà di affrontare con successo la sfida globale delle migrazioni».