da sinistra: padre Camillo Ripamonti, Giovanni Floris, il cardinale Gualtiero Bassetti
«I migranti vanno soccorsi e salvati, non respinti o bloccati in Paesi terzi insicuri. Chi si assumerà la responsabilità di mettere a rischio la loro vita? Sono diminuiti gli sbarchi in Italia, ma aumentano in modo esponenziale i morti: in mare, nel deserto, nei centri. Ogni morto è un'offesa che colpisce tutto il genere umano». Il presidente della Cei, l'arcivescovo di Perugia Cardinale Gualtiero Bassetti, interviene sul tema alla presentazione a Roma del Rapporto annuale 2019 del Centro Astalli, illustrato dal presidente padre Camillo Ripamonti .
Il cardinale Bassetti spiega che «chiudendo i porti abbiamo un minor numero di sbarchi, almeno quelli ufficiali, ma in proporzione è aumentato il numero dei morti. E chi torna nel centri di detenzione in Libia diventa vittima di grandi violenze. Può essere una condanna a morte». Il presidente della Cei cita le cifre sull’aumento dei morti: «Nel 2017 erano 26 ogni 1000 persone che partivano, 35 ogni 1000 nel 2018, sono diventati 100 ogni 1000. Noi prendiamo le nostre responsabilità ma le istituzioni devono prendere le loro». E a proposito della politica che crea nemici, Bassetti avverte: «Dobbiamo temere chi cerca di uccidere la nostra anima e l’anima dell’altro creando la mentalità del nemico». Per il Cardinale dunque il decreto sicurezza e immigrazione «è insufficiente, va rivisto e integrato, perché niente deve mancare quando si parla di rispetto della vita e della dignità della persona umana».
La replica (acida) di Salvini
Acida la replica che arriva dal vicepremier Matteo Salvini: non potendo contestare l'aumento dei morti in mare in proporzione agli sbarchi, ripete genericamente che "sono diminuiti gli sbarchi, sono diminuiti i morti. Spero che nessuno abbia nostalgia dei 600mila sbarchi degli ultimi anni, dei miliardi sprecati, dei troppi reati, delle migliaia di morti del passato". Il ministro dell'Interno sottolinea che "oggi in Italia si arriva col permesso, i porti sono chiusi per scafisti e delinquenti". Il "permesso" a cui si riferisce Salvini non sono certo i tanto promessi corridoi umanitari del Viminale (con l'Associazione Papa Giovanni XXIII), a tutt'oggi rimasti a quota due, per un totale di 154 persone accolte.
Il rapporto del Centro Astalli
Alla presentazione del rapporto - 128 pagine di informazioni, dati e foto sull'attività della rete territoriale del Centro Astalli a Roma, Palermo, Catania, Trento, Grumo Nevano (Na), Vicenza e Padova - moderata dal giornalista Giovanni Floris, padre Camillo Ripamonti conferma che gli arrivi di migranti forzati via mare in Italia nel 2018 sono diminuiti dell'80% rispetto all'anno precedente e la cosiddetta emergenza sbarchi può certamente dirsi conclusa. «Purtroppo il sistema di protezione italiano continua a non essere in grado di rispondere efficacemente ai bisogni delle persone presenti sul territorio e anzi, in un anno di accompagnamento dei migranti forzati in Italia, il Centro Astalli ha registrato un aumento del disagio sociale, della marginalizzazione, degli ostacoli frapposti all'ottenimento di una protezione effettiva». Secondo il Rapporto 2019 «negli ultimi mesi dell'anno tutti i servizi hanno registrato che la vita delle persone assistite è segnata sempre di più dalla precarietà. L'abolizione della protezione umanitaria, il complicarsi delle procedure per l'ottenimento di una residenza e dei diritti che ne derivano e, più in generale, il moltiplicarsi di ostacoli burocratici a tutti i livelli finiscono per escludere un numero crescente di migranti dai circuiti d'accoglienza e dai servizi territoriali».
Padre Ripamonti sottolinea come il Decreto sicurezza «rallenta il processo di integrazione e rischia di creare più irregolarità e insicurezza», ad esempio impedendo l'accesso «all'accoglienza diffusa dei richiedenti asilo e l'eliminazione della protezione umanitaria». Tra le novità più controverse ad esempio, c'è che nei nuovi Centri di accoglienza ora «non è previsto l'insegnamento dell'italiano: tutto questo ritarda l'inclusione, a discapito dell'intera collettività».
La conseguenza immediata è che la richiesta di servizi di bassa soglia (mensa, docce, pacchi alimentari, vestiario) è forte su tutti i territori: circa 4.000 utenti alla mensa di Roma, più di 900 nuovi utenti al centro diurno a Palermo. A Trento, per la prima volta, si è sentita la necessità di attivare un servizio di accoglienza di bassa soglia e uno sportello di assistenza dedicato ai richiedenti asilo senza dimora. Tra gli utenti dell'ambulatorio di Roma è aumentata la presenza di cittadini maliani (41% persone in più rispetto al 2017, con un aumento del 128% delle visite richieste), migranti giovani (il 72% ha meno di 30 anni), solitamente presenti in Italia da almeno un anno. «Molti di loro, esclusi dai circuiti di accoglienza, vivono in condizioni di grave marginalità e la loro salute ne risente».
Tra gli ostacoli che le amministrazioni hanno creato non solo all'integrazione, ma alla stessa accoglienza, padre Ripamonti cita il caso di Roma: «Per le persone con un permesso di soggiorno umanitario che hanno difficoltà alloggiative, a Roma si configura l'impossibilità di avere una residenza anagrafica valida per il cambio del permesso, da umanitario a per motivi di lavoro. Sono ancora le conseguenze della delibera della Giunta Capitolina del marzo 2017 - dice il presidente del Centro Astalli - che ha revocato a storiche associazioni di volontariato la possibilità di concedere la residenza ai senza dimora», prima fissata nella residenza virtuale di "Via Modesta Valenti", intitolata a una donna senza dimora morta per strada.