sabato 29 ottobre 2016
È la prima volta che un premier entra in un carcere: ripartire dalla funzione rieducativa della pena
Renzi visita il carcere. E si impegna contro sovraffollamento e radicalismo
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Mustapha è un giovane detenuto che arriva dal Marocco. È impegnato nell’Officina Giotto, quella dei famosi panettoni. Matteo Renzi, il premier, gli dà la mano e lui la sente così calorosa che gli allunga una richiesta, «l’autografo per mio figlio». «Quanti anni ha? Va a scuola? », gli domanda il presidente del Consiglio. Mustapha si commuove e Renzi non si limita a lasciargli l’autografo. «Ciao Zaccaria, mi raccomando, contiamo su di te. Matteo Renzi». È stato uno dei tanti significativi momenti della visita del capo del governo al carcere Due Palazzi di Padova, accompagnato dal ministro della Giustizia Andrea Orlando, dai sottosegretari alla Giustizia Gennaro Migliore, Cosimo Ferri e Federica Chiavaroli, dal capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Santi Consolo e ancora dal provveditore alle carceri del Triveneto Enrico Sbriglia.

Una visita nient’affatto di cortesia. «Tenetelo sempre ben presente, è il lavoro che migliora l’uomo» non ha perso occasione di ricordare visitando il vasto arcipelago dell’integrazione dei detenuti a Padova e la redazione di 'Ristretti orizzonti', coordinata da Ornella Favero. Più che un giornale del carcere. Qui Renzi ha ascoltato le testimonianze toccanti di due detenuti, che gli hanno chiesto di tenere in considerazione le esigenze delle relazioni dei carcerati con le loro famiglie, le visite dei minori in particolare, che avvengono in un clima di tristezza diseducativa. Per il premier è ingiusto e sbagliato che i bambini vengano a contatto con un ambiente che rischia di traumatizzarli. Bisogna pensare a strutture alternative. Il ministro Orlando si è impegnato a provvedere, sperimentando incontri senza barriere tra padri e figli. E dalle parole ai fatti si passerà anche per quanto riguarda il numero esiguo di guardie carcerarie, altro problema sollevato a Renzi; parte dei 1.900 milioni previsti in Finanziaria per il comparto pubblico può essere utilizzata per le assunzioni. Almeno 150 i detenuti che Renzi ha incoraggiato personalmente. Tra loro, un ergastolano, che ha preso più lauree studiando in carcere.

«Quella di Renzi – ha commentato il presidente di Officina Giotto, Nicola Boscoletto – si vedeva che non era un’attenzione formale e istituzionale, ma un’attenzione reale verso chi da una parte si dedica ad aiutare altre persone a uscire dal cerchio della delinquenza e dall’altra a chi di questo sforzo può essere protagonista in prima persona». È così che Renzi si è meritato un panettone. «Lo mangio ogni anno a Natale», ha ricordato, auspicando al termine della visita che i dolci del carcere di Padova possano essere presenti anche ai ricevimenti ufficiali organizzati dalla presidenza del Consiglio.

In collegamento con Radio Radicale, ha ricordato le battaglie di Pannella. A proposito del quale ha aggiunto: «Sull’amnistia non ho le stesse idee sue o di Rita Berardini, anzi. Ma se vogliamo affrontare il tema con rispetto bisogna partire anche dal rispetto della funzione educativa della pena e dalla lotta all’estremismo, perché il carcere è la frontiera per la radicalizzazione». Il premier ha sottolineato: «Siamo partiti con un rapporto tra posti in cella e popolazione carceraria al 146%, oggi siamo al 105. Dobbiamo scendere al 100%».

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