Era prefetto di Roma quando, il 17 settembre 2015, Franco Gabrielli andò a visitare il Cara a Castelnuovo di Porto. E rivolgendosi ai richiedenti asilo ospiti della struttura disse che «dovremmo essere un po' più accoglienti, capire che voi non siete un anegatività, ma una grande opportunità».
L'anno seguente, papa Francesco il Giovedì santo, 24 marzo 2016, andò al Cara per la "Messa in coena domini" e la lavanda dei piedi: «Ognuno di noi ha una storia addosso, ognuno di voi ha una storia addosso: tante croci, tanti dolori, ma anche ha un cuore aperto che vuole la fratellanza. Ognuno, nella sua lingua religiosa, preghi il Signore perché questa fratellanza contagi il mondo, perché non ci siano le trenta monete per uccidere il fratello, perché sempre ci sia la fratellanza e la bontà».
Gli ultimi quattro anni raccontano un'integrazione esemplare. Tanto che in molti sono venuti a visitare questo Cara. Come Alessandro Gassman, che vi ha girato uno spot per l'Unhcr. Come Felice Pulici, che era vicepresidente del Coni Lazio e il 30 aprile 2015 diede il calcio d'inizio alla finale della "Coppa d'Africa" fra gli ospiti del Cara ("Un calcio al razzismo"). Come il cardinale Konrad Krajeski, elemosiniere ponitificio, che il 24 aprile 2015 pranzò con i richiedenti asilo. O come molte delegazioni di Stato straniere. E sono solo alcuni, l'elenco sarebbe lungo.
Così, da quando la cooperativa Auxilium ha avuto la gestione di questo Cara, l'integrazione si è cercato di realizzarla attraverso mille strade: dalla scuola per i più piccoli agli studi dei più grandi, dai corsi professionali al calcio, dal teatro a molto altro. Così qui sono passati 8mila richiedenti asilo (fra cui 1.000 minori) e il 90% è poi andato a vivere in un altro Paese europeo.