Cori contrapposti e parole di fuoco accompagnano l’informativa alla Camera di Giuseppe Conte sul caso Fiber 4.0. Il premier si difende dalle accuse di conflitto d’interesse per una consulenza legale prestata prima di diventare presidente del Consiglio mentre M5s e Lega se le suonano di santa ragione, con i pentastellati che invocano analoga trasparenza di Salvini sul 'Russiagate' e i deputati del Carroccio che invocano le elezioni.
Conte parla di ricostruzioni giornalistiche «completamente distorte » e fornisce la sua versione: la richiesta di Fiber 4.0 di un 'parere pro-veritate' per verificare l’applicabilità del regime della 'Golden power' per l’operazione Retelit arriva «nei primi giorni del maggio 2018», lo stesso parere è stato consegnato, dice il premier, il 14 maggio, dunque «prima di essere designato presidente del Consiglio».
E quanto al fatto che il 13 maggio 2018 ci sia stato un incontro a tre con Di Maio e Salvini ai fini della formazione del futuro governo gialloverde, Conte precisa: si trattò di un passaggio «interlocutorio», nulla che potesse far pensare ancora ad una designazione certa come presidente del Consiglio. Il premier afferma che il parere legale è stato redatto sulla base delle carte fornite dalla società, senza incontri con i manager. «Non ero dunque a conoscenza - né ero tenuto a conoscere - che tra gli investitori vi fosse il signor Raffaele Mincione o che parte degli investimenti risalissero, come è stato ipotizzato da alcuni organi di stampa, alle finanze vaticane». Sul nocciolo della questione, l’esistenza di un potenziale conflitto d’interesse, Conte ribadisce di essersi astenuto con lettere protocollate alla segreteria generale di Palazzo Chigi - in entrambe le circostanze in cui il governo gialloverde si è espresso sul 'golden power', a inizio giugno e a inizio agosto 2018 (in quest’ultima circostanza per il procedimento sanzionatorio a danno di Retelit per la tardiva notifica dell’operazione). A giugno, ricorda Conte, «la seduta del Consiglio dei ministri fu presieduta dall’allora vicepresidente Matteo Salvini». Analogamente, ad agosto la trattazione del dossier fu «delegata» a Salvini. Il premier, quindi, chiama in causa il suo principale 'accusatore'.
A concludere, Conte mostra anche lo scambio epistolare con l’Autorità garante della Concorrenza la quale, il 24 gennaio 2019, «ha ritenuto di non dover avviare alcun procedimento» ai sensi della legge sul conflitto d’interesse. E non manca una nota da giurista, quando sottolinea che la legge sul conflitto d’interesse serve ad evitare abusi, non ad impedire «a chi ha avuto incarichi professionali di poter assumere successivamente incarichi di governo che lo possono indurre a intervenire su tematiche già trattate». Parole che strappano una battuta dai banchi di Forza Italia: «Conte si salva grazie alle norme volute da Berlusconi». Ma lo scontro duro è tra M5s e Lega e tra lo stesso premier e Salvini. «È ossessionato da me, mi addebita anche i suoi conflitti d’interesse », attacca il leader della Lega. «Io ossessionato? Vedete quante volte lui parla di me...», replica il premier. Da Italia Viva e dal Pd, oltre che da M5s, pieno sostegno all’informativa resa Conte. Non crede alla versione del premier, invece, Fdi: «Signor presidente, piove sul bagnato...».