domenica 22 agosto 2021
Il parroco di Caivano critica le ricostruzioni sdoganate dall'autore di "Gomorra"
Una foto di scena tratta dalla serie Tv  "Gomorra"

Una foto di scena tratta dalla serie Tv "Gomorra" - Ansa/Web/Sky

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E noi, poveri illusi, c’eravamo cascati. C’è un giovane, brillante, preparato, nostro compaesano, che della camorra non ha paura. Ha il coraggio di esporsi, di dire le cose come stanno, di chiamare per nome i camorristi e i loro affiliati. E Roberto Saviano viene baciato da un successo straordinario. Il discorso camorra esce - finalmente! - dalle secche delle nostre zone. In 'Gomorra' lui racconta fatti concreti. Tra questi c’è anche il funerale che il sottoscritto dovette celebrare a Emanuele, un ragazzo di 15 anni, ucciso durante una tentata rapina, con arma giocattolo, a una coppietta. Alla fine della Messa, uno sconosciuto giornalista mi rivolge qualche domanda. È Saviano. Quell’intervista finirà nel libro che stava preparando. A dirla tutta, Emanuele con la camorra non c’entrava niente. Non 'grazie' alla famiglia ma 'nonostante' la famiglia si lasciò trascinare dagli amici.

Le serie televisive di Gomorra avevano cominciato a preoccuparci. Ci chiedevamo se fossero innocue nel descrivere con tanta crudezza la realtà o avrebbero potuto ammaliare i giovani in bilico e incitarli a gettarsi tra le braccia dei vari 'Savastano'. Secondo noi, quella serie si prestava per ambedue le cose. La scorsa settimana, parlando dell’arresto di Maria Licciardi, boss della camorra di Secondigliano, scrive: «Quando mi chiedono quando finiranno le mafie rispondo quando finiranno le famiglie. Quando l’umanità troverà nuove forme di organizzazione sociale, nuovi patti d’affetto, nuove dinamiche in cui crescere vite». Che cosa vuol dire? Rimaniamo basiti. Il passaggio dalla famiglia alla camorra non è per niente scontato. Anzi. 'Avvenire' pubblica una mia riflessione. Sui miei profili social invito Saviano a ritornare nella chiesa dove ci incontrammo la prima volta, per riflettere insieme alle famiglie che resistono eroicamente alla camorra. Nessuna risposta.

Eccolo, una settimana dopo, ritornare sul tema: «Quando ho pensato di creare la serie Gomorra, la mia sfida principale non era centrata sul realizzare al meglio il racconto delle dinamiche criminali ma sul riuscire a raccontare la famiglia... Con i Savastano non intendevo mostrare solo la sovrapposizione tra famiglie mafiose e famiglie imprenditrici, volevo mettere sotto osservazione il modello stesso della famiglia. Volevo che tutti sentissero, specchiandosi nei Savastano, la dinamica patogena insita in qualsiasi famiglia moderna». Gli siamo riconoscenti per tanta chiarezza. Gettata via la maschera, il dialogo può continuare con più onestà e chiarezza. A noi sembra che lo scrittore abbia le idee un po’ confuse sia sul concetto di famiglia sia sul dramma del male che affligge l’uomo da quando esiste il mondo. Male che ognuno vede, esamina, riconosce innanzitutto in se stesso. Male che, secondo l’età della persona, l’ambiente che frequenta, l’educazione ricevuta, il partito che lo sostiene, le esperienze fatte, si può presentare sotto forma d’invidia, gelosia, vanità, tirchieria, lussuria, tradimento, ladrocinio, sadismo, sete di potere. Questi che la Chiesa si ostina a chiamare 'peccati' possono essere abbelliti, annaquati, sdrammatizzati, esorcizzati, dimenticati, ma sempre male resteranno. Chi è portato a tradire la parola data, le promesse fatte, i giuramenti, lo farà dappertutto: in politica, nella società e anche nella propria famiglia. Il male è antecedente alla famiglia.

La famiglia del tuo Savastano, caro Roberto, con la stragrande maggioranza delle nostre famiglie non ha da spartire proprio niente. In questo angoscioso tempo di pandemia, tantissime persone hanno potuto tirare avanti, da ogni punto di vista, solo grazie alle loro famiglie. Saviano – chissà perché – vorrebbe azzerare la famiglia ma non dice con quali alternative forme di aggregazione vorrebbe sostituirla. Mi chiedo, se per caso, lo scrittore non stia prospettando la spaventosa utopia di sottrarre – magari per legge – i figli ai legittimi genitori per farli educare allo Stato?

Roberto caro, ti ho apprezzato e sostenuto quando ti sei messo contro il clan dei casalesi. Capisco che in quelle vesti ormai ti senti stretto, ma lascia stare. Non offendere inutilmente milioni di famiglie. Non farti ingannare da strane ideologie. Non ne vale la pena. Anche perché le parole se le prende il vento, i fatti, più duri delle rocce, restano.

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