Contro l’ultima delle nuove povertà, la diocesi di Roma si rimbocca le maniche. E dalla denuncia passa all’azione. È partita ieri la prima fase del progetto pilota contro il gioco d’azzardo patologico, fortemente voluto dal cardinale vicario Agostino Vallini. Obiettivo: sensibilizzazione e formazione dei parroci, con un seminario tenuto dal sociologo Maurizio Fiasco, dal vescovo del settore Nord monsignor Guerino Di Tora e dal direttore della Caritas romana monsignor Enrico Feroci. «È in corso un sovvertimento del quadro valoriale – avverte Fiasco – che, anche per colpa della Rai, ha trasformato gli italiani da risparmiatori in scommettitori. Ed è ora che le imprese che hanno fatto affari sull’azzardo patologico possano essere chiamate a rispondere civilmente».Al primo incontro ospitato nella parrocchia di San Romano Martire, che verrà replicato negli altri quattro settori della Capitale, sono arrivati numerosi i parroci e gli animatori delle comunità. L’idea di un percorso di coinvolgimento delle parrocchie nasce dal convegno diocesano sull’azzardo alla Lateranense del 23 novembre scorso. Il Cardinale Vallini e i vescovi ausiliari hanno intuito la necessità di declinare sul territorio un’azione pastorale, educativa e sociale. Perché diversamente dalla povertà tradizionali, che sanno di poter contare sulle strutture Caritas, le vittime di questa nuova emarginazione sono restìe fino all’ultimo: tocca alle mogli e ai familiari chiedere aiuto ai parroci. E i sacerdoti devono quindi essere pronti. A indirizzare l’azzardo-dipendente verso chi si occupa di recupero. Come l’associazione di aiuto-aiuto Giocatori anonimi, presente a Roma in una parrocchia per ogni settore. E accompagnare le famiglie ai servizi legali Caritas che, in caso di bilanci al tracollo, possono aiutare evitare lo sfratto.Maurizio Fiasco, che collabora da anni con la Consulta nazionale antiusura, è un attento studioso dell’esplosione in Italia dell’azzardo legale. «A cambiare l’approccio degli italiani – avverte – sono anche programmi Rai apparentemente innocenti come "Affari tuoi". Ai giocatori viene proposto di uscire dal gioco in cambio di una grossa somma. Chi decide di continuare entra in una dimensione di azzardo in cui la valutazione razionale lascia il posto al giudizio sulla personalità del concorrente: se lasci sei un pavido, è un colpo alla tua stima. Intervengono anche i figli per dire "coraggio papà metticela tutta". Così – dice l’esperto – si arriva a un cambiamento del senso comune che ha contribuito a creare un Paese che spreca 70 milioni di giornate lavorative, il 10% del budget familiare, oltre 1.200 euro l’anno a testa, neonati compresi». Il sociologo non ha dubbi: «Sono maturi i tempi per imporre la responsabilità civile a chi ha lucrato su una dipendenza di massa, approfittando di persone in condizione di sofferenza. E vanno separati finalmente i luoghi del gioco d’azzardo dai luoghi della vita quotidiana. Le scommesse devono tornare a essere un’attività circoscritta e non invasiva».Il vescovo Monsignor Di Tora sottolinea «l’attenzione costante della Caritas alle nuove situazione di disagio, qual è oggi il gioco patologico, che rischia nel futuro ulteriori sviluppi». «Questi seminari per i parroci vogliono essere uno sprone – spiega il direttore Feroci – e un invito ad aprire gli occhi su quanto accade, in Italia e a Roma in particolare, Capitale dello scommesse con 718 sale slot, tra cui la più grande d’Europa a piazza Re di Roma con 900 postazioni. Questo è sciacallaggio sulle povertà dei disoccupati, degli anziani, dei ceti più fragili. Dobbiamo alzare la voce contro uno Stato schizofrenico».