mercoledì 20 novembre 2013
​La commissione che ha visitato 6 penitenziari punta il dito anche contro l’«uso eccessivo della forza» da parte degli agenti e le conseguenti indagini spesso senza risultati.
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​Detenuti in celle sovraffollate, picchiati con pugni e calci, indagini carenti sulle violenze. Dal Consiglio d’Europa arriva l’ennesima, durissima critica, nei confronti della situazione delle carceri italiane. Questa volta è un rapporto pubblicato dal Comitato per la prevenzione della tortura dell’organismo di Strasburgo (che niente ha a che fare con l’Unione Europea), relativa a una visita condotta nel maggio 2012 in sei carceri italiane (Bari, Sollicciano a Firenze, San Vittore a Milano, Ucciardone a Palermo, nonché le carceri di Terni e Vicenza).

La delegazione del Comitato ha riscontrato nel carcere di Bari undici detenuti "sistemati" in una stanza di 20 metri quadrati. All’Ucciardone «la maggior parte delle unità di detenzione sono in cattive condizioni e il livello di igiene lascia molto a desiderare». Per il resto, «le condizioni materiali di detenzione nelle prigioni visitate sono risultate adeguate», si legge nel documento.

Soprattutto, gravi sono le denunce per maltrattamenti di detenuti. Certo, il Comitato premette che, «durante la visita del 2012, nelle carceri in genere i detenuti hanno parlato positivamente del modo in cui vengono trattati». Tuttavia, «nel carcere di Vicenza la delegazione ha ricevuto numerose denunce di maltrattamenti fisici (calci e pugni)». In proposito le autorità italiane hanno risposto, elencando una serie di misure già prese per risolvere il problema. Maltrattamenti si registrerebbero, stando al rapporto del Comitato, a Milano, soprattutto contro stranieri, da parte di poliziotti e carabinieri. «Il Comitato – si legge nel rapporto – raccomanda che sia emanato un messaggio formale dalle autorità competenti, diretto a tutti gli agenti in servizio nell’area di Milano, ricordando loro che devono rispettare i diritti delle persone in loro custodia e che i maltrattamenti di tali persone, durante o dopo l’arresto, saranno soggette a severe sanzioni». «Uso eccessivo di forza» è stato segnalato anche nel Cie (centro di identificazione ed espulsione) di Bologna.

Il Comitato punta il dito, inoltre, contro indagini su presunti maltrattamenti che troppo spesse finiscono senza risultati; «poche – si legge – si concludono con una condanna». Il riferimento è, stando all’agenzia Ansa, ai casi (non esplicitamente menzionati) di Stefano Cucchi (morto poi in circostanze non chiare dopo una detenzione) e di Mario Gugliotta, un ragazzo che sarebbe stato picchiato dalla polizia fuori dalla stadio Olimpico a Roma nel maggio del 2010. Secondo il Comitato, entrambi, quando furono portati davanti al giudice, presentavano lesioni che potevano far pensare a maltrattamenti, senza però che il magistrato mettesse a verbale la cosa, e senza la richiesta di una visita medica. Il rapporto chiede su quali basi «sia stata scartate, durante l’inchiesta, l’ipotesi che l’uomo potesse aver subito maltrattamenti prima di arrivare in tribunale».

Non mancano, infine, critiche per l’attuazione del "41 bis" (carcere duro soprattutto per mafiosi). Il rapporto del Comitato afferma che anche a questi detenuti si dovrebbero garantire «un più ampio ventaglio di attività significative» e «almeno quattro ore al giorno fuori dalle loro celle assieme ad altri detenuti», nonché «il diritto di accumulare i diritti alle visite che non sono stati utilizzati», autorizzando «telefonate più frequenti». Il concetto alla base del 41 bis, tuttavia, non viene messo in discussione: il Comitato riconosce che, «per combattere efficacemente il problema della criminalità organizzata, in casi singoli devono essere previste misure speciali di detenzione e di sicurezza».

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