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Da tre giorni è stato esteso l’obbligo della vaccinazione contro il Covid – già previsto per gli operatori sanitari – a tutti i soggetti che operano nelle strutture socio-assistenziali e socio-sanitarie (come, ad esempio, le RSA e le strutture per gli anziani). Peccato che – nonostante la nuova regola sia entrata in vigore già dal 10 ottobre con il dl 122 – al momento permangano ancora il caos e l’incertezza su controlli da effettuare e su eventuali provvedimenti da prendere. In mancanza di ulteriori misure operative, i datori di lavoro non sanno che cosa fare. Restano ancora da stabilire, infatti, le modalità di verifica dell’adempimento dell’obbligo vaccinale per queste categorie di lavoratori da parte delle aziende.
Non solo: in base alle normative attuali, se un operatore risultasse non vaccinato, il datore di lavoro (cooperativa sociale, clinica, Rsa…) dovrebbe limitarsi a segnalare il caso alla Asl di competenza. L’attesa del responso dell’Azienda sanitaria locale, a quel punto, rischia di durare giorni, o addirittura settimane. Nel frattempo la coop o la Rsa che cosa può fare? Il soggetto non vaccinato può essere allontanato dal luogo di lavoro o no? Sono le domande cruciali che stanno tormentando tante realtà del Non profit, spaventate anche solo dalla prospettiva di dover affrontare a breve situazioni così spinose.
La misura è in vigore dal 10 ottobre, ma le società non sanno come gestire il personale. Gli avvocati Policari e Paonessa: «La normativa non fornisce ai datori di lavoro modalità operative per le verifiche»
«Nelle ultime settimane si sono rivolte a noi decine di cooperative e società preoccupate per la corretta gestione del personale a seguito dell’estensione dell’obbligo vaccinale per i lavoratori delle strutture socio sanitarie e assistenziali – raccontano Andrea Policari e Mattia Paonessa, avvocati specializzati in diritto societario e delle cooperati- ve –. In effetti, ad oggi, la normativa non fornisce ai datori di lavoro le modalità operative per verificare l’avvenuto assolvimento dell’obbligo vaccinale da parte dei propri dipendenti e demanda alle Asl la competenza per sospendere il lavoratore dal servizio».
L’obbligo di Green pass per i dipendenti pubblici e privati che scatterà da venerdì rischia paradossalmente di rendere il quadro normativo ancora più ingarbugliato per le realtà di questi settori. Si sa, del resto, che la certificazione verde si può ottenere anche attraverso un tampone negativo nelle ultime 48 ore o una guarigione dal Covid nei sei mesi precedenti, per cui è ben diversa dall’obbligo di vaccinazione. «Con l’entrata in vigore dell’obbligo generalizzato del Green pass per tutti i lavoratori a partire dal 15 ottobre si profilano ulteriori difficoltà operative per le società operanti nei servizi sociali – avvertono gli avvocati Policari e Paonessa –. Il personale soggetto all’obbligo vaccinale, laddove in possesso di Green pass, potrebbe paradossalmente svolgere il proprio lavoro pur in assenza del certificato vaccinale».
In pratica, alla luce di questa incertezza normativa, un operatore non vaccinato ma munito di Green pass potrebbe comunque assistere anziani e soggetti fragili. Tale situazione aggiunge preoccupazioni a un settore già messo a dura prova dalle fatiche dell’ultimo anno e mezzo, con le attività socio-assistenziali che sono state iper-sollecitate nei mesi più duri dell’emergenza Covid. «Molte realtà che ci hanno contattato – riferiscono i legali – hanno esternato anche il timore che, in questo scenario, possano verificarsi ricadute negative sul regolare svolgimento dei servizi essenziali ».