venerdì 18 ottobre 2013
Crescita degli oneri burocratici, scarsa diffusione di internet nei rapporti con la PA, code alle Asl, tempi biblici per le autorizzazioni alle imprese. L’Italia non riesce a liberarsi dal giogo della burocrazia. Che resiste, grazie a lobby e politica debole. Ecco come i "mandarini" di Stato frenano il cambiamento. E per gli errori nessuno paga mai. (Angelo Picariello)
Quando i «mandarini» remano contro (di Giovanni Grasso)
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INTERVISTA Bortolussi: «Nessuno paga per gli errori. E il cittadino diventa suddito»
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Vedi gente in fila allo sportello e ti chiedi: ma non si era nell’era di Internet, quella che... basta un clic? Poi leggi le statistiche e vedi che solo l’otto per cento degli italiani dice di aver interloquito con la pubblica amministrazione online. Sarà anche la diffidenza del cittadino - nonostante la posta certificata - a interagire con l’algido pc, preferendo - si vede - ancora una persona in carne ed ossa in grado di annuire alla consegna di un modulo. Ma molto c’entra anche il problema di un Paese con una pubblica amministrazione resistente ad ogni riforma.Il paese delle Riforme annunciate.In ritardo - solo per fare due esempi - la riforma della Sanità firmata Balduzzi, ferma al palo e a rischio decadenza quella della Difesa targata Di Paola. Incagliate nell’eterno conflitto fra sindacati, Stato e amministrazioni locali. Si paga anche lo scotto di una delle poche riforme entrate in vigore (purtroppo) con l’effetto di bloccarne altre cento: la riforma del titolo V della Costituzione, che ha ampliato a dismisura i settori di legislazione concorrente Stato-Regioni. Per cui ora per adottare un regolamento - caso emblematico, la Sanità - occorre prima che venti Regioni si mettano d’accordo e poi tocca alla Conferenza Stato-Regioni. Con l’effetto di un patto scellerato fra la parte più conservatrice della burocrazia statale e la non meno resistente burocrazia locale, contrapposte ma alleate nel resistere a ogni cambiamento. Si parla di federalismo come rimedio per avvicinare cittadini e istituzioni, ma il risultato di quello all’italiana è di allontanare la messa a sistema di ogni riforma, aumentando centri decisionali e poteri di veto.La semplificazione dei dicasteri ha sacrificato, per paradosso, il ministero della Semplificazione accorpato alla Pubblica Amministrazione, ma le semplificazioni restano un obiettivo d’onore dei governi di larghe intese in versione Monti o Letta. Ci prova anche Gianpiero D’Alia: «A volte la pubblica amministrazione - denuncia il ministro al ramo - si muove in maniera stupida, chiede cose inutili che sfuggono al buon senso, e questo la rende lontana nella percezione dei cittadini». Non ci si fida, si vede, di mandare on line un documento che si teme possa finire nel dimenticatoio, magari per una voce mal compilata. Il recente pacchetto varato dal governo si stima che possa portare a risparmi per ben 9 miliardi (se non finirà sugli scogli anche questo). Fra le misure, finalmente, una banca dati comune della Pubblica amministrazione, l’obbligatorietà delle procedure on line relative al Pubblico registro automobilistico, regole meno rigide per costruire e il tutor d’impresa. Per tentare di rimediare all’enorme gap di efficienza, che non significa solo ritardi, per le nostre imprese, ma anche costi, tanti costi.I costi dell’immobilismo burocratico.Un recente studio di Confartigianato ha quantizzato in circa 31 miliardi l’ammontare degli oneri amministrativi di piccole e medie imprese, pari al due per cento del pil. Impietose anche le statistiche dell’edilizia, che ci vedono al 103° posto in classifica come media di giorni necessari per ottenere un’autorizzazione, che sono solo 17 negli inarrivabili Usa, 143 nella media dei Ocse e ben 243 in Italia. Col risultato che si costruisce, alla fine, più fuori dalle regole che nel loro rispetto.In 20 anni di Seconda Repubblica - dal governo Ciampi in poi - gli obiettivi più attesi (riduzione del debito, riduzione della pressione fiscale), apparentemente confliggenti, si è riusciti ad allinearli, ma ai numeri negativi. Il debito è infatti passato dal 105 al 127 per cento del Pil, nel periodo 1992-2012. Un cumulo di inefficienze assommate, di riforme mancate di cui la <+corsivo>spending review<+tondo> dell’ultimo governo Monti è solo l’ultimo esempio. «Con il nostro governo tecnico - spiega l’ex ministro della Sanità Renato Balduzzi - c’era una grande opportunità: sapevamo che la nostra era un’esperienza transitoria e che non andavamo alla ricerca di facili consensi, né avevamo vincoli di partito a frenarci. Ma ci ha bloccato, nella fase attuativa e nella conversione in legge dei provvedimenti, il vincolo che si è saldato fra alcuni interessi consolidati e i settori più conservatori del ceto politico. Tante piccole caste, molto pericolose, in grado di rallentare tutto. Cosicché invece di mettere al centro gli intessi dell’utenza - conclude Balduzzi - vengono alla luce quasi sempre quelli delle corporazioni».Una spirale perversa che zavorra la crescita, e senza crescita anche le entrate fiscali languono. Uno strumento da tutti indicato come prioritario per aggredire questo circolo vizioso è la riduzione del cuneo fiscale, ossia la percentuale di tassazione che grava sui salari, pari al 47,8 per cento (12 punti in più della media Ocse). L’ennesima riforma perennemente annunciata, che sta per essere affrontata - con quali risultati concreti, è tutto da verificare - proprio in questa sessione finanziaria. Intanto Confartigianato ha fatto i conti: negli ultimi cinque anni il 57 per cento delle norme fiscali adottate, invece di alleggerire, hanno aumentato il carico di adempimenti per le imprese, al ritmo di una legge ogni sei giorni. Alla faccia della semplificazione, obiettivo perseguito - a conti fatti - da un modesto 13 per cento della legislazione dell’ultimo quinquennio.Intanto le code aumentano. È incredibilmente cresciuto nella media nazionale il tempo passato in fila dai cittadini italiani nel decennio 2002-2012, quello dell’avvento di Internet . Più 12 per cento le code alle Asl, più 17 quelle all’anagrafe e ben più 39 per cento alle Poste. In diminuzione solo il dato della Provincia autonoma di Bolzano. E anche questo vorrà dire qualcosa.
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