sabato 8 ottobre 2016
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Gentile direttore,leggendo l’articolo di Antonio Maria Mira sull’accordo di sponsorizzazione tra Nazionale e Intralot, e il suo editoriale di giovedì 6 ottobre ho trovato una vicinanza di argomentazioni, che suppongo involontaria, ma dannosa, con i proibizionisti americani degli anni Venti. Spiego meglio. Premettendo che appartengo alla schiera di persone che ogni tanto gioca due euro scommettendo sulle partite di calcio (in buona compagnia della mia nonna ultrasettantenne), mi pare che nel suo articolo ci siano soprattutto due grosse confusioni. La prima è la confusione tra la scommessa sportiva e la slot machine. Mentre il gioco alla slot machine è per sua natura compulsivo, la schedina non lo è affatto: io posso decidere di giocare solo le partite della Juventus, del Perugia o del Modena, o di giocare solo a Natale, o di giocare solo due euro. In nessun caso il giocare, per esempio, Napoli-Inter invoglia a giocare anche qualche altra partita; è evidente invece che inserire una monetina nella slot machine porta per forza di cose a inserirne un’altra, che si vinca o che si perda. Questo non toglie che esistano soggetti che vivono la scommessa sportiva come un vero e proprio gioco d’azzardo; allo stesso modo, esistono alcolizzati che fanno del consumo di alcool una droga. A danno anche di chi fa un uso moderato e occasionale, dell’una e dell’altro. Così, per tornare alla questione di partenza, è indubbio che Intralot viva delle forti scommesse e sui forti scommettitori; e altrettanto indubbio è il fatto che sul suo sito si trovi una sezione dedicata alla roulette e alle slot machines sia condannabile in sé come istigazione al gioco d’azzardo. Ma non capisco quale sia “la insensata scommessa dell’abbinamento Nazionali di calcio-Intralot”: si tratta di quattrini nati in massima parte dal mondo del calcio; quale migliore occasione di, mi passi il termine, riciclaggio? E se anche la Nazionale decide di farsi sponsorizzare da Intralot, io giovedì sera ho tifato ugualmente azzurro. Non ho scommesso sul risultato finale, almeno questo lo concedo...Paolo SquillaciNon scommettendo giovedì sera sulla nazionale azzurra maggiore, gentile signor Squillaci, la concessione non l’ha fatta a me, ma a se stesso. Si è cioè concesso una vacanza dal pezzetto di Azzardopoli che l’ha conquistata e che tanti concittadini d’Italia, dell’Europa e del mondo nutrono l’illusione di padroneggiare. Buon per lei che non ha scommesso e dunque non ha buttato altri soldi ed energie in quella voragine, e meglio per tutti. Ogni scommessa in meno, ogni grattata di gratta-e-vinci in meno, ogni secondo in meno inchiodati alle “macchinette”, contribuisce a togliere forza al Moloch dell’azzardo che tra il 2001 e il 2015 si è ingrassato in modo indecente e persino oltraggioso e si è seduto sulle nostre vite, sui magri bilanci degli italiani, al centro dello stagno critico di un’economia senza più slancio interno, passando da un giro di affari di 4 miliardi di euro l’anno a ben 88 miliardi. Ventidue volte tanto. Il 2.200% in più. Impressionante, no?E vengo alla confusione che lei attribuisce a me e al collega Mira, ma immagino anche alle altre nostre firme che si impegnano sulla trincea della resistenza informativa e culturale al dilagare di questo multiforme e sempre deleterio “non gioco”. Grazie, perché le sue parole mi confermano che la confusione è sempre più quella di chi pensa che i diversi feudi dello scintillante ma nebuloso (sul piano proprietario) impero di Azzardopoli siano parti di mondi diversi. Non è così. Anche, ma non solo, perché i multinazionali signori delle scommesse (genere di azzardo che a lei piace, moderatamente) e delle slot machine (genere che lei disdegna) sono sempre più spesso le stesse persone, siedono negli stessi sinedri e fanno gli stessi cattivi affari. Cattivi ovviamente per gli altri, non per le loro casse. È un fatto che proprio i padroni di Intralot – legga bene i nostri articoli, se ne renderà conto – sono molto potenti nel campo delle scommesse e continuano a crescere di forza in quello delle macchinette mangiasoldi. Dire (e propagandare) Intralot significa insomma, dire (e propagandare) entrambe le cose: scommesse e slot. E comunque le pseudo-distinzioni di lana caprina non reggono, perché l’azzardo è sempre azzardo, e non è mai mai mai mai gioco.Trovo che la sua convinzione che i signori di Azzardopoli – sponsorizzando le Nazionali di calcio dei grandi campioni e dei campioni in erba – stiano semplicemente restituendo un po’ dei guadagni che accumulano sulla pelle dello sport e degli sportivi, ma anche di tutti quelli che – sportivi o no – “ci cascano”, sia figlia di una logica fragile e tremenda. In base a una tale logica, mutatis mutandis , sembrerebbe sensato persino garantire ai boss dei traffici di droga la possibilità di sponsorizzare comunità e percorsi per il recupero dei tossicodipendenti...Lei, poi, e certo con le migliori intenzioni, parla apertamente di “riciclaggio”. Un lapsus rivelatore. Perché proprio di questo si tratta: lavaggio di immagini impresentabili e di soldi sporcati dalla mortificazione di illusi e di malati d’azzardo. Ci pensi e ci ripensi. Proprio come dovrebbero fare sponsor e sponsorizzati. Ci pensino e ci ripensino. Si vergognino, chiedano scusa e lascino perdere. Io, con i miei colleghi, continuo a sperare e a battermi perché siano “aiutati” in questo dalla pressione dell’opinione pubblica. E premo perché vengano richiamati e guidati da una politica degna di questo nome e finalmente consapevole del fatto che l’azzardo va arginato e allontanato con fermezza e chiarezza di messaggi – anche pubblicitari – dai più giovani e dai luoghi e momenti davvero ludici e direttamente o indirettamente educativi.Per questo la pubblicità dell’azzardo deve essere fermata totalmente. To-tal-men-te. Come già accade per tabacchi e superalcolici. Che non sono proibiti, ma sono regolati per non incentivarne l’uso e non sfrenarne l’abuso. Per questa via – ne parlo sapendo bene quel che dico e conoscendo il potere di condizionamento della lobby dell’azzardo – si possono anche “liberare” giornali, radio, tv, le penne di tutti i giornalisti e gli sguardi della gente. E si possono ripulire le casacche sportive, le partite e le gare che oggi sono infestate da richiami, ammiccamenti e aperti inviti alle “vincite” che non diventano mai “vittorie”.Non si tratta di togliere libertà a nessuno, tantomeno a chi punta «due euro» perché gli va e usa anche così la sua libertà e i suoi soldi (Ah! Riavere il Totocalcio o il Totip di una volta...) Si tratta, invece, di squarciare le reti pervasive e vischiose che catturano nell’azzardopatia e nella mentalità perdente del giro di pallone, di pallina, di ruota, di manovella elettronica e di vento. Ma per intanto almeno l’«azzurro vergogna» delle nazionali sportive più amate, e trasformate dall’incredibile decisione di Carlo Tavecchio e della “sua” Ferdercalcio in un collettivo spot per scommesse e slot machine, deve tornare solo «azzurro». Azzurro Italia. Squillante. Senza ombre. Lo sport è sport solo quando è eccellente lealtà, gratuita allegria e sana fatica. Sono i tre ingredienti di un gioco sano, di vittorie buone e vere. E con l’azzardo proprio nulla hanno a che fare.
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