Palazzo Chigi segue «con attenzione e convinta perplessità» la vicenda dell’accordo tra Federcalcio e Intralot- Gamenet. E sta lavorando per capire come uscirne fuori da un punto di vista formale, come il governo può indurre la Figc a rinunciare alla sponsorizzazione dei uno dei colossi dell’azzardo (slot e scommesse), già definita «inopportuna » da alcuni esponenti dell’Esecutivo. Quindi stanno avendo effetto le proteste, sia delle associazioni no slot che di parte del mondo del calcio, compresa l’associazione dei calciatori, di cui
Avvenire si è fatto interprete. Si cerca un’exit
strategy per risolvere un caso che sta diventando imbarazzante, anche alla luce delle notizie che emergono sullo sponsor. Le tasse che sia Intralot che Gamenet devono ancora versare allo Stato (alcune decine di milioni), come abbiamo scritto ieri, ma anche il fatto che siano state «oggetto di inchieste in materia di gioco illegale e antiriciclaggio», come avevano denunciato una settimana fa i parlamentari del Pd, Franco Mirabelli e Stefano Vaccari, componenti della commissione Antimafia. Infatti nella 'Relazione sulle infiltrazioni mafiose e criminali nel gioco lecito e illecito' approvata all’unanimità dalla commissione tre mesi fa (relatoreVaccari) nel paragrafo dedicato al "processo della Dda di Milano a carico del clan Lampada-Valle, espressione in Lombardia delle cosche De Stefano-Condello di Reggio Calabria", si legge una frase molto significativa. «Il procedimento aveva anche documentato rapporti poco chiari intrattenuti dai criminali con una concessionaria di giochi che aveva accettato ingenti pagamenti in nero dai Lampada, comprensivi anche delle quote di spettanza dell’Aams (Azienda dei Monopoli,
ndr), senza far rilevare in alcun modo l’illecita gestione delle società del gruppo, nonché il tentativo di un esponente del clan di diventare uno dei tredici concessionari di primo livello, e i contatti a tal fine realizzati da un’imprenditoria collusa, risultata a sua volta legata ad ambienti istituzionali». La concessionaria è Gamenet, come confermano in commissione. Il processo, come si legge ancora nella Relazione, «si è concluso nel febbraio 2013 con la condanna a 16 anni per Giulio Lampada e a 9 anni e 6 mesi per Leonardo Valle». Un’inchiesta che, almeno per ora, non ha avuto conseguenze dirette nei confronti della società, mentre nel 2011 l’operazione 'Golden gol' della Dda di Napoli (pm Pierpaolo Filippelli), condotta dai carabinieri di Torre Annunziata, guidati dall’allora capitano Alessandro Amadei, aveva portato all’arresto del dirigente di Intralot, Maurizio Lopez, responsabile dell’ufficio gestione quote e rischio e di un altro dipendente della società, e al sequestro di due agenzie. L’accusa era di aver favorito il clan D’Alessandro nel riciclare il denaro sporco, truccando il sistema delle puntate e anche alcune partite. Con la presenza dell’usura. Intralot aveva subito preso le distanze, sospendendo i suoi dipendenti. Lopez nel 2014 è stato assolto, così come altri dipendenti della società di scommesse - mentre altri indagati sono stati condannati in via definitiva per riciclaggio e intestazione fittizia -, ma la procura ha fatto ricorso e si è in attesa dell’appello. C’è, infatti, la convinzione che alcune agenzie Intralot fossero di fatto gestite da camorristi sia in Campania che a Rimini, attraverso prestanome, come confermato dalle condanne, ma anche che il Lopez si occupasse di pilotare l’assegnazione di queste agenzie a soggetti affiliati alla camorra. Per ripulire denaro, organizzare scommesse clandestine e combine sportive. Il tutto con evidenti carenze di controlli. Un sistema, quello dell’azzardo legale, molto appetito dai clan perché un’ottima 'lavanderia', ma anche perché molto permeabile. E favorita dal boom dell’azzardo e dai drammi dell’azzardopatia.