martedì 4 dicembre 2012
​La campagna "Mettiamoci in gioco" rivela gli enormi oneri che pesano sullo Stato. A fronte degli 8 miliardi incassati dall'erario, le casse pubbliche devono far fronte per circa 6 miliardi alle disastrose conseguenze sulla collettività.
L'AZZARDO NON È UN GIOCO: VAI AL DOSSIER
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Il "gioco" non vale la candela. A fronte degli 8 miliardi di euro incassati dall’erario in un anno, lo Stato deve affrontare circa 6 miliardi di costi sociali e sanitari che il gioco patologico comporta per la collettività. Cifra che arriva a 10 contando anche il mancato versamento dell’Iva per tutti i soldi spesi in scommesse, gratta&vinci e videoslot, invece che in beni di consumo. Insomma, la giustificazione che il gioco d’azzardo, nonostante tutto, alla fin fine porta un bel po’ di soldi al fisco non regge più. A calcolare gli insostenibili costi sanitari e sociali che il gioco d’azzardo legalizzato impone alla collettività è «Mettiamoci in gioco», la campagna nazionale contro i rischi del gioco promossa da un ampio cartello di associazioni, sindacati ed enti locali (tra gli altri Acli, Adusbef, Anci, Arci, Avviso pubblico, Cgil, Cisl, Cnca, Conagga, Fict, Gruppo Abele, Libera) in un dossier presentato al Senato.Per fare far fronte ai problemi di dipendenza dei giocatori patologici, stimati tra i 550 e gli 800 mila – ma sono quasi 2 milioni quelli a rischio – la spesa socio-sanitaria oscilla tra i 5,5 e i 6,6 miliardi. A fare da apripista in questo calcolo è stata la Svizzera. Il Parlamento federale elvetico da tempo riconosce infatti una percentuale specifica, lo 0,5%, da destinare alle attività di cura, prevenzione e ricerca sul gioco d’azzardo. Nel 2012 è stata dunque effettuata una ricerca sui costi sociali del gioco patologico, realizzato dall’Istituto di ricerca economica dell’Università di Neuchâtel in collaborazione con la Corte di giustizia della comunità europea.Ai circa 6 miliardi si arriva quindi tenendo conto dei costi sanitari diretti (ricorso al medico di base da parte dei ludopatici del 48% più alto, interventi ambulatoriali psicologici, ricoveri), dei costi sanitari indiretti (perdita di performance lavorativa dei giocatori patologici del 28% e perdita di reddito) e di costi per la qualità della vita (problematiche familiari, divorzi, violenze, depressione, ansia, deficit di attenzione, bassa resistenza ad altre dipendenze, idee suicidarie). Fatte le debite proporzioni (la Svizzera ha una popolazione pari al 13,2% di quella italiana, i giocatori patologici svizzeri sono lo 0,5%, quelli italiani lo 0,8% secondo il ministro della Sanità Balduzzi) la Campagna calcola per l’Italia 85 milioni di costi sanitari diretti; tra i 4,2 e i 4,6 miliardi i costi indiretti; tra 1,1 e 1,9 quelli per la perdita di qualità della vita. Totale: tra i 5,5 e i 6,6 miliardi. «Una cifra cui dovrebbero essere aggiunti – spiega Matteo Iori, presidente del Conagga, il Coordinamento nazionale gruppi per giocatori d’azzardo – i 3,8 miliardi di mancato versamento dell’Iva al 21% sui 18,4 definitivamente persi dai giocatori».Gli incassi per l’erario, ribadisce la Campagna, sono tra l’altro costantemente in calo, in maniera inversamente proporzionale al volume del gioco: 47,5 nel 2008, 54,4 nel 2009, 61,4 nel 2010, 79,9 nel 2011. L’anno scorso quindi di quasi 80 miliardi spesi, 61,5 sono tornati in vincite ai giocatori, 18,4 sono stati il guadagno delle aziende concessionarie e dello Stato, che in particolare ne ha incassati 8,8 (l’11%). La previsione del volume di gioco per il 2012 parla di un nuovo record di 94 miliardi, ma il fisco ne vedrà solo 7,9 (l’8,4%).Com’è possibile? Semplice, spiegano i promotori della Campagna, perché i giochi introdotti negli ultimi anni - soprattutto videoslot e giochi on line - hanno una tassazione inferiore ai precedenti, a tutto vantaggio del payout per i giocatori, cioè le vincite, e dell’industria del gioco. Se nel 2004 l’entrata erariale era di 7,3 miliardi, pari al 29,4% delle giocate (in totale 24,8 miliardi), nel 2012 sarà 7,9 miliardi, pari all’8,4% della spesa totale (94 miliardi). In sostanza lo stesso incasso per un fatturato cresciuto del 400%.L’Italia, con 18,4 miliardi di incassi al netto delle vincite, rappresenta il 15% del mercato europeo e il 4,4% del mercato mondiale, pur avendo solo l’1% della popolazione mondiale. Per i gratta&vinci d’altronde siamo il primo mercato al mondo: nel 2010 da noi sono stati venduti il 19% mondiale dei "grattini". Abbiamo procapite il triplo delle macchine per videolottery rispetto agli Usa. E deteniamo il 23% del mercato mondiale del gioco online. Non meraviglia allora che la spesa procapite annua per il gioco per ogni italiano maggiorenne è di almeno 1.703 euro, con picchi di 2.110 in Abruzzo e 2.078 nel Lazio, 1.853 in Emilia Romagna, "solo" 1.262 in Basilicata.In Italia secondo una elaborazione del Cnr su dati Ipsad, il 42% degli italiani tra i 15 e i 64 anni ha giocato almeno una volta l’anno. Due milioni i giocatori a rischio, quasi uno quelli patologici o ad alto rischio, cifra probabilmente sottostimata visto che sono molti i giocatori compulsivi anziani: nei Sert dell’Emilia Romagna i ludopatici oltre i 64 anni sono il 10,9%.
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