Cos’hanno in comune il boss della ’ndrangheta e il pugile camorrista ex campione dei pesi medio-massimi? La passione per il gioco d’azzardo legale, usato per mascherare le attività criminali. L’ultima indagine sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nelle scommesse l’ha chiusa la direzione distrettuale antimafia di Bologna poche settimane fa: associazione a delinquere di stampo mafioso (per 24 posizioni), estorsione, violazioni di una serie di leggi sul gioco, intestazioni fittizie di beni e altri reati. Al vertice dell’organizzazione che faceva profitti con il gioco on-line e con le slot manomesse, secondo gli inquirenti c’è Nicola Femia, 52 anni, residente nel Ravennate, ritenuto la testa di ponte della ’ndrangheta in Romagna e attualmente in carcere. Tra gli indagati c’è anche un pregiudicato che in una telefonata con Femia faceva riferimento alla possibilità di "sparare in bocca" a Giovanni Tizian, giornalista della
Gazzetta di Modena. Nell’indagine risulta coinvolta anche un’impiegata presso la Corte di Cassazione. Il gruppo criminale era riuscito a imporre in Romagna, attraverso l’acquisizione di regolari società per il noleggio degli apparecchi da gioco, l’affitto delle proprie macchinette che, peraltro, venivano modificate in modo da occultare all’erario parte degli introiti.Metodo analogo a quello contestato dagli investigatori campani a Orial Kolaj, 30 anni, albanese naturalizzato italiano e vincitore in passato di campionati italiani ed europei dei pesi medio-massimi. Il pugile aveva il compito di intimidire baristi e titolari di sale da gioco del Casertano che non volevano istallare le slot-machine di una gang legata alla camorra. Su mandato di uomini vicini al clan dei Casalesi "i pugilatori", come venivano soprannominati Kolaj ed altri picchiatori, sbaragliavano la concorrenza. In un’intercettazione ambientale, due indagati dicono che «Orial è una macchina da guerra. Gli devi sparare per fermarlo». Secondo il gip, «la sua partecipazione nell’associazione di stampo camorristico è data dalla sua presenza agli incontri per discutere problematiche di carattere finanziario, nonché dalla disponibilità costante nell’intervenire con la forza per sostenere l’attività del gruppo che trae la sua capacità di intimidazione proprio dall’accordo con gli albanesi, dei quali Kolaj Orial è uno dei principali esponenti».A questo strapotere c’è chi reagisce. Com’è avvenuto a Campobasso dove sono state le vittime di un clan camorrista a denunciare i soprusi di una banda che controllava il gioco d’azzardo legale e che voleva ottenere il controllo totale nella gestione delle slot. Per questo hanno dato vita a una serie di attività criminali che hanno portato a 9 arresti. L’indagine, che è ancora in corso, è partita grazie ai commercianti, che hanno riferito di quanto stava accadendo alle forze dell’ordine. Attraverso la ditta una regolare società il gruppo era riuscito a sostituire i precedenti gestori dei videopoker e a cambiare, in decine di attività commerciali, le macchinette in attività con quelle della loro ditta. Il giro d’affari era passato da 465mila euro nel 2008 a quasi 5 milioni di euro a partire dal 2010.