sabato 13 aprile 2019
Dall’Ufficio parlamentare di bilancio piccola boccata di ossigeno: più 0,1% di Pil nel primo trimestre Fmi: forti riserve su riforme fiscali
Conte riceve il premio Donato Menichella (ex governatore di Bankitalia)

Conte riceve il premio Donato Menichella (ex governatore di Bankitalia)

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Più di dieci mesi di governo non hanno tolto a Giovanni Tria il disincanto dell’accademico prestato a un governo politicamente complesso: «Sarà necessario aumentare l’Iva?», gli chiedono i cronisti a Washington a margine del meeting primaverile del Fondo monetario internazionale. «Non è detto...», risponde il ministro del Tesoro 'disobbedendo' all’ordine perentorio di negare qualsiasi ipotesi di aumento. Poi, però, Tria si rimette sui binari dell’esecutivo gialloverde: «Bisogna vedere quali provvedimenti prenderemo dal lato delle uscite e delle entrate», precisa. Il tema fa capolino di continuo, sebbene non sia ancora all’ordine del giorno. Al Fondo monetario l’osservato numero uno è però il debito pubblico. Ma Tria, lontano dai Palazzi di Roma, si difende bene. Incrocia il governatore della Bce Mario Draghi in un corridoio, e scambia con lui un confidenziale «ci vediamo dopo ». Si ferma con il direttore generale del Fmi, Christine Lagarde. Si concede due lunghi e delicati bilaterali con il segretario al Tesoro americano, Steven Mnuchin, e il ministro delle Finanze cinesi, Kun Liu. A loro, e alla stampa, Tria assicura che «l’Italia non è un fattore di rischio globale ». È la risposta al Commissario Ue agli Affari economici, il francese Pierre Moscovici. Una risposta meno cruenta di quella contenuta in una dura nota M5s che indica proprio in Moscovici e nelle sue parole il fattore che «destabilizza i mercati e forse lo fa di proposito».

Tria, in ogni caso, cerca di svicolare dalle pressioni: «Le stime coincidono, rispetteremo gli obiettivi strutturali concordati con l’Ue e i fondamentali non sono in crisi», ribadisce. Il ministro dell’Economia fa leva anche sul forte rallentamento tedesco: le voci che arrivano a Washington parlano di un abbassamento delle stime della Germania sino allo 0,5% di Pil. Per Jens Weidmann, presidente della Banca centrale tedesca, ci si fermerà allo 0,8%. È la frenata più clamorosa insieme a quella italiana. Per Tria, ci sono nessi evidenti. Ma le analisi del Tesoro non impediscono al Fondo monetario di riprendere alcune critiche all’Italia già espresse nei giorni scorsi. A preoccupare il direttore del Dipartimento europeo Poul Thomsen sono «la crescita di un debito già alto» e «un margine di bilancio ridotto». «Forti riserve » vengono espresse su «alcune proposte di riforma fiscale» e sono rese pubbliche anche le preoccupazioni su «arretramenti» sul fronte pensioni. A Washington è intervenuto anche il presidente della Bce, Mario Draghi, che nel suo discorso ha fatto il punto sulla situazione dell’eurozona, sottoposta a «venti contrari esterni» crescenti. Minacce alle quali Draghi oppone il bisogno di «cooperazione multilaterale», sottolineando come «mantenersi aperti » sia cruciale.

Mentre a Washington Tria prova ad accreditare la strategia gialloverde, a Roma arriva un panno caldo dall’Ufficio parlamentare di bilancio, che nel validare le stime del Def sostiene che stanno arrivando «i primi, timidi, segnali di ripresa ». Il primo trimestre del 2019 potrebbe chiudersi in rialzo dello 0,1%, idem il secondo. Per i prossimi mesi, avverte però l’Upb, la prospettive restano «deboli e incerte». A trainare è soprattutto la ripresa della manifattura. Tanto basta alla maggioranza, in particolare a M5s, per uscire dalla strategia difensiva degli ultimi giorni e provare un contrattacco: «Torna la crescita grazie alla manovra espansiva », è l’analisi a caldo dei vertici parlamentari del Movimento.

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