L'assegno unico continua a slittare. La famiglia resta il fanalino di coda del nostro Paese - Siciliani
Assegno unico, ennesima sorpresa. Il più volte annunciato decollo dal primo gennaio 2022 della nuova misura per i figli slitta di altre due mesi, al primo marzo. Fino a quella data continuerà l’attuale soluzione ponte che mantiene in vita le detrazioni fiscali, i vecchi assegni familiari per i lavoratori dipendenti e il sostegno temporaneo erogato a partire dal luglio scorso per gli autonomi.
La notizia è stata confermata da fonti governative.
La proroga si sarebbe resa necessaria per organizzare la macchina burocratica e dare tempo alle famiglie di presentare un Isee aggiornato, passaggio necessario per stabilire l’ammontare dell’assegno (che cala al crescere del reddito). La partenza a marzo potrebbe permettere anche di ridurre il costo della misura per il 2022 e ovviare in questo modo all’eventuale deficit di copertura finanziaria di un provvedimento che si annuncia come universale.
L’assegno unico, già finanziato dalla manovra per il 2021, sarebbe dovuto partire proprio dal luglio di quest’anno. Ma già in quell’occasione non si è fatto a tempo. Da qui la scelta della soluzione ponte di sei mesi. Che ora però diventano otto. Salvo nuove sorprese. Il decreto legislativo per l’attuazione della legge delega è atteso per la prossima settimana. Poi sarà necessario il passaggio alle commissioni parlamentari competenti e alla Conferenza unificata, che entro 30 giorni dovranno mettere l’ultimo timbro. Si andrà quindi a dicembre inoltrato. Troppo a ridosso della scadenza.
La misura doveva partire nel luglio scorso, ma è stata già rinviata al 1° gennaio 2022. Ora la nuova proroga. Per 60 giorni ancora restano Anf e sgravi. I timori del Forum delle associazioni familiari sulle coperture insufficienti
Nel complesso l’assegno unico può contare su circa 20 miliardi di dotazione finanziaria: 14 arrivano dalla sostituzione delle vecchie misure pro-famiglia (5,5 dagli assegni familiari, 6 dalle detrazioni Irpef, il resto dai vari bonus per figli e mamme) mentre 6 miliardi sono la dotazione aggiuntiva. Una cifra che, secondo i calcoli del governo, è sufficiente a garantire tanto l’universalità della misura quanto il fatto che nessuna famiglia possa perderci rispetto al vecchio assetto.
Ma il Forum delle associazioni familiari nei giorni scorsi ha lanciato un nuovo allarme sull’effettiva capacità del nuovo strumento di raggiungere, con le risorse attuali, gli obiettivi che si propone. C’è il timore di «un effetto distorsivo» che colpirà soprattutto le famiglie numerose e del ceto medio.
Il sistema sarebbe così improntato, ha scritto il Forum, «solo a criteri di equità verticale», cioè chi più guadagna più paga, ma «ignorerà ai fini della determinazione del carico fiscale qualsiasi criterio di equità orizzontale, che considera quante persone vivono con quel reddito prodotto».
Secondo quanto è trapelato finora l’assegno per i redditi più bassi dovrebbe essere di circa 180 euro mensili a figlio, che salirà a 240-250 euro dal terzo figlio in poi. Il contributo dovrebbe essere maggiorato anche per i nuclei dove sono presenti due percettori di reddito, in modo da non sfavorire il lavoro femminile, punto debole della struttura occupazionale italiana. Questi i valori massimi.
L’ammontare effettivo del contributo sarà poi definito con un criterio a scalare: i redditi Isee più alti dovrebbero avere 40-50 euro al mese. Cifra che potrebbe essere erogata a tutti coloro che non presenteranno la dichiarazione reddituale. Nel complesso, tuttavia, 4 famiglie su 5 dovrebbero arrivare almeno a 100 euro a figlio.