martedì 28 febbraio 2012
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​Milleottocentocinquantatré tra ospedali e case di cura? Un numero «che non esiste». Anzi, «anche a volerci mettere dentro tutto, anche le case di riposo, non credo neppure si arrivi a seicento». Di sicuro invece, restando nel primo ambito, «le strutture tenute al pagamento dell’Imu saranno forse cinque». Fratel Mario Bonora, presidente dell’Aris, l’Associazione che riunisce le strutture sanitarie cattoliche, rimette un po’ d’ordine nelle cifre circolate negli ultimi giorni. E, nello stesso tempo, si dice «soddistatto» per le dichiarazioni del ministro Corrado Passera a proposito della salvaguardia delle strutture non profit dal pagamento dell’Imu. «Finalmente – dice – viene confermato il ruolo sociale delle nostre strutture a esclusivo beneficio del cittadino malato». E aggiunge: «L’esenzione dal pagamento dell’Imu da parte delle nostre istituzioni, peraltro già prevista da una circolare del ministero delle Finanze di alcuni anni fa, risponde, come sostanzialmente riconosciuto anche dal ministro Passera, e come confermato dal presidente del Consiglio Monti nel suo intervento in Commissione industria, non già a logiche di presunti privilegi ma ad un effettivo servizio esclusivo al bene comune offerto senza scopo di lucro, equiparato in tutto e per tutto al servizio pubblico.Di quali strutture stiamo parlando?Dei nostri associati e federati, che sono circa duecentosessanta, e di questi il 90 per cento sono enti ecclesiastici civilmente riconosciuti che non hanno finalità di lucro, quindi sono enti non profit. C’è un numero residuo, ma sono molto pochi, che hanno un’altra configurazione giuridica pur essendo governati o gestiti da enti religiosi, sono spa o srl, e quindi questi, riteniamo, già pagano l’Ici.Quante sono queste strutture?Oh, pochissime. Sulle duecesessanta che le dicevo saranno quattro o cinque, non di più.Tutti associati o federati Aris?Sì esatto. Ma non riteniamo che ce ne siano tanti di più di enti religiosi che esercitino attività sanitaria e non siano iscritti alla nostra associazione. I dati che da tempo circolano sui giornali, non soltanto oggi, ci sorprendono perché a noi non risultano. Forse ci mettono dentro le case di ripose, gli ambulatori, ma arrivare a quelle cifre è impossibile.Anche le case di riposo fanno capo a voi? No, non a noi ma a un altro ente che si chiama Uneba. Non credo però che abbiano centinaia di associati. I numeri, lo ripeto, non sono assolutamente verosimili, non so dove siano andati a rilevarli. Anche se in quel numero fosse compresa, oltre che quella sanitaria, anche l’attività socioassistenziale, secondo noi non si può arrivare a queste cifre.Ma si parla di 1853 ospedali e case di cura. Non esiste. Guardi, gli ospedali e i presidi che sono equiparati agli ospedali classificati sono trentacinque, quasi tutti associati Aris. Poi abbiamo una cinquantina di case di cura, e infine il grosso è il settore socio-sanitario, ossia i centri di riabilitazione. In più abbiamo il nostro fiore all’occhiello, che sono i dieci Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico.E questi sono tutti non profit Sì tutti quanti, retti da Congregazioni religiose o da associazione di matrice cristiana. Qualche dubbio può esserci per alcune case di cura, ma come dicevo prima potrebbero essere non più di cinque, non credo molto di più. Tra l’altro, da una certa data in poi, per la precisione dal 2000, lo statuto, che viene approvato dalla Conferenza episcopale italiana, prevede che solo Enti non profit possano fare parte dell’associazione, mentre invece possono essere federati quelli profit o che comunque abbiano un’altra struttura giuridica.
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