lunedì 7 novembre 2011
Durante l’udienza preliminare di ieri è stata ribadita l’ipotesi dell’errore umano. In trecento pagine di relazione e mille di allegati ricostruita la storia di un edificio costruito male. ​Morirono 8 giovani. Ma non fu colpa solo del terremoto.
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Quel palazzo non era sicuro, ma non solo la notte del 6 aprile, quando anni di ristrutturazioni edilizie scellerate l’avevano reso un gigante dai piedi d’argilla. Quel palazzo al centro dell’Aquila, che ha ingoiato nel terremoto otto giovani universitari, non era a norma sin dal 1965, quando venne posta l’ultima pietra di quello che all’epoca era un magazzino di medicinali, poi diventato la Casa dello studente di via XX Settembre. Non fu solo il terremoto, perciò, a far collassare l’edificio alle 3.32, ma quell’errore umano più volte reiterato nei decenni, ogni qual volta si andava a metter mano alla struttura aggiungendo nuovi carichi, non ricalcolando l’effetto che avrebbero avuto sulla stabilità dell’edificio. La sensazione che fu chiara a tutti quella notte, ora, per la seconda volta dopo la perizia dei tecnici della procura consegnata a gennaio 2010, viene ribadita anche dalla docente del Politecnico di Milano, Gabriella Mulas, incaricata dal giudice dell’Aquila di analizzare le cause del crollo. Quattro ore, nell’udienza preliminare di ieri, per ripercorrere la storia della struttura, la superficialità degli interventi e le omissioni sin dalla fase progettuale. Poi la frase secca che ci si aspettava, almeno tra i banchi dell’accusa: «Il terremoto del 6 aprile del 2009, non è stata l’unica causa che ha comportato il crollo della Casa dello studente. Il terremoto è risultato compatibile con le regole di costruzione dell’epoca, ma se l’edificio fosse stato sistemato, adeguato, curato negli anni in relazione alle leggi che si sono succedute, lo stabile non sarebbe crollato».Errore umano, dunque. Trecento pagine di relazione e mille di allegati per arrivare alla conclusione che già mesi fa sostennero i pm: ci sono responsabilità tecniche o negligenze amministrative degli undici indagati. Le due perizie di «si completano», ma ora c’è un dettaglio in più: non è escluso possano entrare in gioco anche altre persone, un geometra ed un ingegnere per la precisione, che nel 1998 (una delle tranche di ristrutturazioni che dal 1980 al 2003 ha subìto l’edificio) avrebbero rilasciato all’Adsu (l’azienda regionale per il diritto allo studio) un certificato di conformità non adeguato ai lavori effettivamente realizzati nello studentato a stella. Tuttavia quel palazzo era già partito male negli anni ’60, con un secondo piano interrato inesistente nel progetto, invece realizzato, che ha portato, ha spiegato la Mulas, non «solo ad un abuso edilizio, ma ad una costruzione espressamente vietata da un regio decreto» per l’edilizia in zona sismica. Le cause del crollo, perciò, «sono da ricercare nell’errore progettuale iniziale che ha visto sia una valutazione errata dei carichi e delle forze che agivano sull’edificio, sia una progettazione errata degli elementi resistenti che dovevano essere posizionati all’interno dell’edificio stesso».Insomma non è stata solo la natura matrigna a fare otto vittime in via XX Settembre, ma già alla nascita c’era uno scheletro che non reggeva, «che ha causato il collasso dei pilastri del piano terra, a cascata poi ha causato il collasso della zona che interfaccia tra l’ala crollata ed il resto dell’edificio – ha aggiunto l’esperta –. Il tutto è stato gravato sia dall’irregolarità della geometria strutturale, sia dall’inserimento in fase di restauro di una parete non strutturale (muro tagliafuoco, ndr) che ha interagito in maniera profonda con gli elementi strutturali e quindi ha aggravato le conseguenze del crollo della Casa dello studente». Nel linguaggio freddo e tecnico dell’ingegneria una cosa è chiara: c’erano falle tecniche che se solo si fosse controllato di più e meglio sarebbero emerse.
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