venerdì 18 giugno 2021
La cooperazione globale delle indagini per la lotta al traffico di stupefacenti
Panetti di eroina

Panetti di eroina - Ansa / Polizia di Stato

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Nascosto in container, a bordo di aerei o furgoni o nello stomaco di un corriere, un carico di cocaina, eroina o ectasy percorre migliaia di chilometri per giungere dal produttore sudamericano, afghano o asiatico ai consumatori nelle piazze di spaccio europee o di altri continenti. Perciò, la lotta a un fenomeno globale come il narcotraffico, per essere davvero efficace, ha bisogno di un contrasto e di una cooperazione fra polizie e magistrature altrettanto globale. Nei Paesi chiave dei traffici, la Dcsa italiana ha piazzato ufficiali di collegamento capaci di raccogliere informazioni preziose e spesso decisive per individuare spedizioni di stupefacenti e gruppi criminali collegati con le mafie italiane. Per avere un'idea di come funzioni, si possono leggere le relazioni inviate a Roma dagli esperti. Eccone tre, raccolte da Avvenire e relative alla Spagna, alla Colombia e alla Turchia.

España, porta europea dei traffici

«La Spagna si caratterizza come uno dei principali canali di immissione di stupefacenti in Europa», sia «della cocaina dal Sud America» che, «in maniera pressoché esclusiva, della cannabis dal Nord Africa», scrive il colonnello dei Carabinieri Umberto Zuliani, esperto di sicurezza presso l'ambasciata italiana di Madrid. L’hashish, prodotto soprattutto in Marocco, viene introdotto in Europa sulle coste e nei porti atlantici e mediterranei del sud della Spagna con ogni tipo di mezzo: gommoni, pescherecci, imbarcazioni da diporto e, negli ultimi tempi, perfino moto d’acqua e piccoli aerei da turismo ultraleggeri. «Sono decine le lance veloci pronte sulle coste del Marocco, in particolare dalla zona delle isole di Chafarinas, per portare il narcotico verso Almeria, Murcia o, attraverso il Guadalquivir, fino a Huelva e Algarve», annota l'ufficiale dell'Arma.Nella zona di Gibilterra gli sbarchi di hashish dal Marocco sono sempre più frequenti e le organizzazioni criminali più violente, con frequenti episodi di aggressione alle forze di polizia, Guardia civil e altri nuclei, che intervengono. E nuovi gruppi scalano la piramide criminale: nella “costa del Sol” «al vertice delle organizzazioni si sono insediati cittadini olandesi, belgi e svedesi, di origine marocchina, che controllano i porti e curano la distribuzione dello stupefacente verso gli altri Paesi dell'Europa occidentale, privilegiando il trasporto via terra, con l'impiego di camion e di autovetture con doppi fondi». Nei traffici di cocaina, segnala l'ufficiale dell'Arma, la neve viene sequestrata «principalmente nei porti, dove arriva in containers marittimi, occultata tra la merce lecita o mediante il sistema del gancho ciego (rip-off)». Oppure arriva su velieri, che in estate col meteo favorevole, salpano dai porti nelle isole caraibiche per raggiungere l’Europa, con carichi fra 600 e 800 chili di coca, dal controvalore milionario. Come se non bastasse, nel 2019 le forze di polizia spagnole hanno sequestrato, in acque galiziane, il primo sottomarino giunto in Europa dal Sud America con un carico di 3mila chili di cocaina. E più di recente, a Malaga, la polizia nazionale ha sequestrato «un altro sottomarino che stava per essere allestito per il trasporto di narcotico. Modalità che si presume possano essere replicate per l’hashish marocchino». Infine, nel mercato del fumo che attrae i più giovani, «nell’ultimo anno si è registrata anche una vera e propria escalation delle coltivazioni indoor di marijuana», settore in cui si stanno rivelando molto attive (come per il traffico di cocaina), network criminali dell’Est Europa.

Colombia, la neve che imbianca il mondo

La Colombia si conferma «il maggior produttore di cocaina, col 70% circa della produzione mondiale e un’estensione delle coltivazioni stimata in circa 200mila ettari», si legge nel rapporto del tenente colonnello della Guardia di Finanza Andrea Canale, di stanza presso l'ambasciata italiana a Bogotà. Gruppi criminali locali, argomenta l'esperto, «gestiscono l'intero iter produttivo (dalle coltivazioni ai laboratori di cristallizzazione) e controllano le rotte di uscita e la distribuzione». Quello colombiano, unico Paese sudamericano con porti sia sull'Oceano Pacifico che sul mar dei Caraibi,è uno snodo strategico che consente ai narcos di curare «efficacemente la rete di trasporto e distribuzione sia verso l'America Settentrionale che verso l’Europa centrale ed occidentale, che rimane il secondo mercato mondiale della cocaina». La direttrice principale, che assorbe il 60% della produzione di coca, «ha come destinazione finale gli Stati Uniti, sul cui canale di fornitura le organizzazioni narcotrafficanti colombiane si avvalgono sempre più della collaborazione di quelle messicane». Attualmente, l’esercito e le squadre specializzate della Direzione antinarcotici della polizia colombiana sono impegnati nell’eradicazione delle piante di coca, ma anche di quelle di marijuana e di papavero da oppio. Non molti sanno che l’eroina prodotta sul posto è prevalentemente destinata agli Stati Uniti, del quale la Colombia rappresenta il più importante fornitore, dopo il Messico. E tracce dei legami fra tra narcos colombiani e messicani sono emerse nell’operazione antidroga italiana “Halcon", coordinata dalla Dda di Catania e condotta dalla Guardia di Finanza, che ha impiegato agenti sotto copertura sia in Italia che in Colombia per effettuare una "consegna controllata" internazionale di stupefacente, autorizzata dai magistrati colombiani e da quelli italiani. Un'indagine che ha raccolto prove su trafficanti messicani che, annota Canale, «avvalendosi della cooperazione di altri soggetti di nazionalità guatemalteca, avevano acquistato dai fornitori colombiani circa 400 kg di cocaina destinata ad organizzazioni italiane». L'inchiesta si è conclusa nel 2020 col sequestro a Roma dell'intero carico e con l'emissione di 7 provvedimenti di fermo a carico di altrettanti indagati, per associazione per delinquere internazionale finalizzata al traffico di stupefacenti. Con Bogotà sono in vigore un accordo di cooperazione di polizia, sottoscritto il 28 maggio 2013 tra il ministero dell'Interno italiano e quello della della Difesa colombiano, e, dall’11 ottobre 2019, «un protocollo di cooperazione per la lotta al traffico illecito di sostanze stupefacenti, psicotrope e loro precursori», sottoscritto tra la Dcsa e la Jefatura de Inteligencia dell’Armada nacional.

Turchia, le rotte dell'eroina

Con un territorio storicamente a cavallo fra i luoghi di produzione e i mercati di consumo dei narcotici, anche nel 2020 la Turchia «si è confermata Paese di transito del traffico di eroina, oppio e suoi derivati dall'Afghanistan e dall’Iran, di sostanze psicotrope e precursori tra l’Europa ed il Medio Oriente, di cocaina dal Sud America, di metamfetamine prevalentemente dall’Iran e da altri Paesi europei e cannabinoidi sintetici dalla Cina». Lo scrive nel suo rapporto il vicequestore della Polizia di Stato Simone Pioletti, in servizio presso il Consolato generale italiano a Istanbul.

La ragnatela di percorsi usati dai trafficanti avvolge l'intera area. Il cosiddetto “corridoio balcanico” (con le sue ramificazioni e direttrici usate anche da passeur e trafficanti di esseri umani) rappresenta «il principale canale di snodo del traffico di eroina che rifornisce i mercati europei, tra cui Olanda, Gran Bretagna e Germania», che si confermano luoghi privilegiati di consegna. Ma la Turchia, segnala Pioletti, è attraversata anche «dalla rotta “caucasica”, con transiti di eroina e altre droghe attraverso i porti affacciati sul Mar Nero». Invece la cocaina (la cui domanda viene stimata «in potenziale aumento) è contrabbandata sia via mare, attraverso carichi commerciali, che per via aerea, con l’utilizzo di corrieri “ovulatori”. Per gli oppiacei, i dati investigativi riferiscono di frequenti sequestri di carichi ingenti provenienti dall’Iran, come uno di 310 chili di eroina «occultata in forma liquida nel serbatoio del carburante di un carro attrezzi bloccato nella provincia di Van», nel settembre 2020.

Sul piano della cooperazione internazionale, va ricordato, la Turchia aderisce a numerosi accordi e trattati. Fra questi, vanno menzionate le due Convenzioni Onu contro il traffico illecito di sostanze stupefacenti e psicotrope (1988) e contro la criminalità organizzata transnazionale (siglata a Palermo nel 2000). Inoltre il governo turco partecipa alle iniziative in ambito internazionale e a quelle europee. Rispetto alle intese bilaterali con l’Italia, infine, è in vigore dal 2018 un Accordo di cooperazione sulla lotta ai reati gravi, in particolare contro il terrorismo e la criminalità organizzata.

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