Un cattivo uso degli antibiotici favorisce lo sviluppo della resistenza dei batteri - IMAGOECONOMICA
L’Unione Europea chiede di intensificare la lotta alla resistenza agli antibiotici, riducendone l’uso del 20% entro il 2030.
Il problema dei batteri “invulnerabili” è presente sin quasi dalla scoperta di questi farmaci. Ne era consapevole lo stesso Alexander Fleming, che nel 1928 ebbe l’intuizione delle proprietà antimicrobiche della penicillina, che gli valse il premio Nobel per la medicina.
Nel corso dei decenni successivi, altre classi di antibiotici sono stati scoperti, per allargare la possibilità di combattere i batteri, che diventavano via via resistenti ai diversi trattamenti farmacologici. Da anni ormai, le autorità sanitarie nel mondo hanno riscontrato che il cattivo uso, cioè l’abuso, degli antibiotici ha fatto crescere le resistenze e hanno messo in guardia sulla necessità di invertire la rotta.
Le stime fatte proprie dalla Commissione Europea – ha segnalato la commissaria per la Salute e la sicurezza alimentare, Stella Kyriakides – parlano di 35mila morti l’anno nei Paesi della Ue a causa dell’antibiotico-resistenza.
Di qui la proposta dell’esecutivo comunitario, elaborata in collaborazione con il Centro europeo di controllo e prevenzione delle malattie (Ecdc, nella sigla inglese), che ieri a Lussemburgo è stata accolta dal Consiglio dei ministri della Salute dell’Unione Europea.
La raccomandazione proposta dall’esecutivo comunitario offre una serie di misure per aumentare l’efficacia della lotta all’antibiotico-resistenza.
Tra gli obiettivi fissati ai 27 Stati dell’Unione Europea per il 2030 figurano: ridurre del 20% il consumo di antibiotici per uso umano; ridurre del 50% le vendite di antibiotici usati per gli animali da allevamento e l’acquacoltura; utilizzare l’antibiotico giusto, cioè efficace, in almeno il 65% del consumo complessivo di antibiotici negli esseri umani; ridurre, principalmente negli ospedali, le infezioni provocate da tre batteri chiave resistenti agli antibiotici.
La Commissione è convinta che gli obiettivi potranno aiutare a contrastare i cosiddetti superbatteri «tenendo conto delle specificità nazionali senza compromettere la salute e la sicurezza dei pazienti».
«La raccomandazione adottata dal Consiglio Ue – ha commentato il ministro della Salute, Orazio Schillaci – costituisce un importante ulteriore strumento nel contrastare le infezioni resistenti agli antibiotici investendo prioritariamente nell’uso mirato e consapevole degli antibiotici, sostenendo la ricerca e promuovendo test diagnostici rapidi e una comunicazione efficace in un contesto One Health (“una sola salute”, l’approccio che riconosce che le problematiche sanitarie di persone, animali e ambiente sono legate tra loro, ndr). Limitare l’uso inappropriato di antimicrobici è infatti cruciale per ridurre le infezioni resistenti sia nell’uomo che negli animali».
Quanto il tema abbia una risonanza globale è stato mostrato pochi giorni fa da uno studio internazionale pubblicato su Plos Medicine, a cui ha partecipato l’Ospedale pediatrico “Bambino Gesù” di Roma, come struttura di controllo.
Realizzato tra il 2018 e il 2020 in 19 ospedali di 11 Paesi del mondo, coinvolgendo più di 3.200 neonati, lo studio ha stimato che la sepsi del sangue colpisca 3 milioni di bambini a livello globale, causando circa 214mila decessi proprio per la resistenza agli antibiotici. Causata spesso da un loro utilizzo non conforme alle linee guida dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms).