La marea nera dell'alluvione ha raggiunto il mare, in particolare nella zona di Casal Borsetti in provincia di Ravenna - Ansa
Le acque si sono ritirate e il fango è stato, quasi ovunque, spalato. I centri di accoglienza sono stati chiusi persino a Conselice, dove la ripartenza sembra ancora una corsa a ostacoli. È passato un mese esatto da quelle piogge incessanti, che hanno allagato oltre cento Comuni fra Emilia-Romagna, Marche e Toscana provocando 15 vittime e decine di migliaia di evacuati (quasi tutti rientrati in casa). Ora per l’Emilia-Romagna è tempo di affrontare il pericolo delle frane, i rischi per la salute dei cittadini e l’infertilità dei campi (secondo Coldiretti «ancora 100mila ettari sono nel fango»). Ma anche e soprattutto di riparare i danni.
«Lo stiamo dicendo dall’inizio: per capire chi deve fare cosa, dobbiamo capire cosa c’è da fare». Con queste parole è intervenuto il viceministro delle Infrastrutture, Galeazzo Bignami, tentando di allontanare il pressing dei sindaci sulla nomina del commissario straordinario. Lo ha fatto al tavolo permanente sull’alluvione insediatosi ieri a Palazzo Chigi, presieduto dal ministro per la Protezione civile Nello Musumeci, alla presenza di due delegazioni dal governo e dall’Emilia-Romagna. Per la prima erano presenti, oltre al viceministro, la sottosegretaria Lucia Albano, il deputato Tommaso Foti in qualità di relatore del ddl alluvione e il capo della Protezione civile Roberto Curcio. A guidare la seconda c’erano il governatore Stefano Bonaccini, il sindaco di Ravenna Michele de Pascale, il primo cittadino cesenate Enzo Lattuca e il presidente Anci Emilia-Romagna Luca Vecchi.
Già la premier Meloni aveva dettato la linea: «Prima va fatta la stima dei danni, poi si deciderà il nome del commissario». E ieri, in realtà, una prima valutazione la Regione l’ha fatta: 8,8 miliardi di euro cui aggiungere i danni ad auto e mezzi, il mancato fatturato e la ricostituzione delle scorte delle aziende. Di questi, spiega Bonaccini, 1,8 miliardi serviranno già entro l’autunno. «Sono necessari per riparare gli argini, i reticoli e le strade». Più cauta la stima dei sindaci che si fermano a 4,5 miliardi di euro «con un margine di errore del 10%». Ma insistono, per bocca di Lattuca e De Pascale, «sulla nomina del commissario per la ricostruzione in tempi brevi. Se il governo ha risposte diverse si prenda la responsabilità». Dall’esecutivo sono arrivate solo alcune delle rassicurazioni attese. Il ministro Musumeci, si legge in una nota del dicastero, «dopo una verifica del piano presentato dalla Regione, ha assicurato la massima attenzione da parte del governo e la disponibilità a fornire gradualmente le risorse che si renderanno necessarie». In altre parole, nomina ancora in pausa in attesa di prossime valutazioni da parte dell’esecutivo. Con priorità sulla «messa in sicurezza dei fiumi e sul ripristino dei collegamenti viari con i centri rimasti isolati».
Il dibattito sul commissario, che non era ieri all’ordine del giorno, ha subito scaldato gli animi delle opposizioni: «L’ottimismo della destra, fatta di ritardi e scontri interni sulla nomina del commissario - sostiene Marco Simiani, capogruppo Pd in commissione Ambiente alla Camera -, lascia perplessi sulla reale volontà di avviare in tempi rapidi la ricostruzione». Per il senatore Fdi Marco Lisei, invece, «la richiesta di nomina del commissario da parte del Pd sta diventando la foglia di fico per coprire le loro inadempienze».
Ma a riportare l’attenzione sulla più concreta questione dell’apertura dei cantieri ci ha pensato il sindaco di Cesena, Enzo Lattuca. «I cantieri che sono stati aperti, per cui siamo stati in qualche modo redarguiti oggi - ha spiegato al tavolo di ieri -, sono cantieri che nemmeno noi sindaci e presidenti di Provincia ci possiamo esimere dall’aprire, perché sono volti a risolvere una situazione improcrastinabile». Secondo il primo cittadino, il problema non riguarderebbe i soldi da spendere, ma quelli già spesi. Per i quali Lattuca ha dovuto spiegare, di fronte al governo, la contrazione di debiti fuori bilancio: «Le risorse che sono state spese fino adesso non sono una scelta discrezionale di chi vuole andare avanti nella ripartenza senza tenere conto delle risorse, ma sono un obbligo per risolvere le criticità che sono presenti: si chiamano frane o argini rotti dei fiumi».
Intanto, da ieri, si possono presentare le domande sul sito Inps per i primi 900 milioni di euro messi a disposizione dallo Stato a sostegno dei lavoratori dipendenti e autonomi, di cui 620 per la cassa integrazione emergenziale e 253,6 come indennità una tantum.