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Poi ci sono le persone mai entrate nel circuito dell’accoglienza. Quelle che arrivano dal nulla, che sono entrati come fantasmi e fantasmi sono rimasti nel tempo. P.K. è somalo, G.H. pachistano: le loro sono storie parallele. Non sono arrivati con i barconi: uno è arrivato via terra sfuggendo ai controlli, senza farsi identificare, l’altro addirittura in aereo usando un documento che poi ha buttato via.
Sono richiedenti asilo costretti a stare nei dormitori pubblici, come il 'Galgario' a Bergamo gestito dal Comune e dalla Caritas cittadina. Hanno fatto domanda d’asilo politico qui, non come di solito avviene nelle questure di frontiera. «Sono destinati a restare qui per tutto il tempo della domanda, a condizioni impari rispetto agli altri – spiega chi lavora nel dormitorio –. Non possono fare percorsi di inserimento, sono esclusi da tutto, persino dalla possibilità di imparare l’italiano».
Per uscire dal limbo più profondo, quello dell’inesistenza a tutti gli effetti, è necessario intanto che la Questura cittadina accolga la loro domanda e che poi la invii alla Commissione territoriale, che in secondo momento deciderà se accettarla o no. «I somali hanno più speranze, il loro Paese è in guerra». Domandano uno status di protezione internazionale o l’asilo politico, perché in pericolo di morte a causa della situazione nel loro Paese d’origine. In alternativa, chiedono la protezione sussidiaria, perché in pericolo a causa della propria storia particolare.
Di fatto, nella loro infinita attesa, in bilico perenne tra legalità e illegalità, sono trattati come veri e propri senzatetto: restano qui e devono sbarcare il lunario, diventando possibile preda di microdelinquenti e criminali metropolitani. Non vengono rimpatriati e non possono trovare lavoro. «Senza dubbio, l’aumento dei dinieghi ha portato ad un aumento dei rischi. Non esistendo più “l’umanitaria” o hai una vicenda di chiara persecuzione alle spalle dovuta alla guerra e sei in evidente pericolo di vita, e allora dovresti vederti riconosciuto il titolo, oppure rischi di ricevere dai giudici soltanto una raffica di “no”».
La speranza per gli “invisibili” di Bergamo arriva dal Tribunale di Brescia: «Chi ha presentato domanda prima del decreto Salvini viene riconosciuto come avente diritto la protezione umanitaria a Brescia. In questo caso, la Questura stampa il documento di riconoscimento con la dicitura “casi speciali”» spiegano le cooperative che seguono queste storie. P.K. e G.H., ovviamente, in questo anno di permanenza irregolare in Italia, hanno annusato il clima: vanno e vengono dalla stazione, sono presenza fissa nel dormitorio che accoglie loro e altre 70 persone. Vivono nell’oblio, in attesa che qualcuno si accorga di loro.