Ora che la Chiesa cattolica si è nuovamente offerta di accogliere in Europa, e a proprie spese, i migranti più vulnerabili dei campi di Lesbo, sarà più difficile per il premier Tsipras dire di no a una richiesta che è arrivata personalmente da Papa Francesco. Un segnale di distensione c’è stato a metà giornata, con il via libera all'approdo di Open Arms, che da giorni attendeva di poter sbarcare tonnellate di aiuti umanitari per i 7mila profughi bloccati sull’isola. Spyros Galynos, sindaco di Mitilene, il più importante centro di Lesbo, dove si trovano i controversi campi profughi di Moria e gli altri villaggi per migranti, ha confermato ad Avvenire che «daremo il nostro sì convinto all’offerta giunta dalla Santa Sede».
A giorni, dunque, potrebbe venire ufficializzata la riapertura dei canali umanitari dalla Grecia grazie alla missione voluta dal Papa.
«In questi campi – ha detto il primo cittadino – non c’è giustizia. La gente vive quasi senza speranza e noi non possiamo voltarci dall’altra parte. Perciò, come già abbiamo fatto in passato, siamo disposti ad andare anche oltre le nostre competenze per assicurare che i più vulnerabili possano essere accolti in tempi brevi negli altri Paesi europei grazie all’impulso di Papa Francesco». Anche il responsabile governativo per la gestione dei 31 centri di permanenza di tutta la Grecia ha confermato che vi è la volontà politica di insistere per redistribuire i migranti in Europa «Ma – ha aggiunto Mario Kaleas, direttore del Dipartimento Asilo di Atene – le imminenti elezioni europee rendono tutto molto più incerto». Il consenso, anche in Grecia, si gioca sulle spalle dei più deboli. Proprio nel campo di Moira, nel corso in un incontro con le autorità, il cardinale Konrad Krajewski ha ribadito lo scopo e il mandato della missione, organizzata dalla Sezione Migranti e Rifugiati della Santa Sede con la comunità di Sant’Egidio. Parole davanti alle quali il governo di Atene non potrà far finta di nulla. «Siamo venuti a rappresentare il Santo Padre in questi campi dove ci sono i profughi, dove c’è la sofferenza e dove l’Unione Europea si è ormai dimenticata che qui c’è tanta gente che aspetta il futuro, persone che meritano una speranza. Noi possiamo alleviare queste sofferenze».
Papa Francesco era stato qui tre anni fa, attraversando le barriere di filo spinato e osservando i minori non accompagnati reclusi dietro pesanti grate di ferro. «E come se il Papa non se ne sia mai andato da qui – racconta Krajewski –. La sua è una sua preoccupazione costante, come se non fosse mai uscito dai campi profughi».
L’impressione che ne ricavò Bergoglio non fu delle migliori. Da una parte la grande generosità della gente di Lesbo e delle altre isole, il lavoro incessante dei volontari arrivati da tutta Europa. Dall'altra le tende malandate, rimaste ancora lì, così come i container arroventati che fanno somigliare la collina di Lesbo a un terrapieno siriano. «Il Santo Padre – ha aggiunto “don Corrado”, come ama farsi chiamare anche qui – ha inviato un sostegno di 100mila euro attraverso la Caritas greca. Fondi che serviranno alle prime necessità, anche per la costruzione di un parco giochi per i bambini, ma soprattutto lui come Pontefice vuole essere il ponte per tutta questa gente che chiede di passare a una vita migliore. Tantissimi bambini e tante donne incinte aspettano da mesi che la comunità europea apra le porte, perché qui non c’è nessuna speranza». Non è stato il solo aiuto. Altre organizzazioni umanitarie dopo avere incontrato l’Elemosiniere hanno confidato che per un bel po’ di tempo non avranno problemi economici nel gestire le attività sociali.
Dalla settimana scorsa si trovava bloccata a poche bracciate dal porto la nave Open Arms, con cui l’Ong spagnola chiedeva di poter consegnare aiuti umanitari ai migranti. La Guardia costiera greca non ha voluto concedere l’autorizzazione. E solo ieri, dopo un lungo negoziato, è arrivato il via libera che sta permettendo ai volontari di poter consegnare gli aiuti.
«Purtroppo – spiega il sindaco Galynos – sta crescendo anche qui la destra fascista. In passato nessuno gli dava peso. Le loro parole erano seme gettato tra i sassi. Ma non è più così, hanno cavalcato la crisi economica per estendere il consenso ». E questo spiega la timidezza del governo nazionale nell’avviare il corridoio umanitario invocato dalla Chiesa cattolica europea, qui rappresentata da Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e presidente della Commissione episcopale europea (Comece).
«Ad Atene – lamenta il sindaco Spyros Galynos – forse temono gli umori dell’elettorato. Ma noi dobbiamo fare anche ciò che la storia ci chiede. E la storia oggi ci ha portato l’offerta della Santa Sede. Sarebbe ingiusto rifiutarla: per la gente di Lesbo e soprattutto per i profughi più bisognosi di assistenza e cure».