Sembra facile parlare di "diritti dei bambini". Ma oggi quali sono questi diritti? Avere un padre e una madre che siano anche genitori contenti di esserlo è ancora al primo posto degli obiettivi considerati inelubili per garantire a un minore una crescita serena? Domande, un po’ inquietanti che sono rimbalzate ieri al convegno "L’adozione che verrà" organizzato a Milano dal Ciai, una delle associazioni più significative nella grande galassia delle adozioni. Presentando gli obiettivi dell’incontro, la presidente Paola Crestani ha sottolineato l’urgenza di fare i conti con esigenze molto diversificate. «Cosa fare di fronte al cambiamento? Visto che non possiamo né resistere, né ignorarlo, non ci resta che tentare di accompagnarlo».
Tre soprattutto, le questioni incombenti affrontate da una decina di esperti. L’adozione per le coppie di conviventi e per i singles; la cosiddetta 'adozione aperta', quella formula per cui il bambino non perde la continuità degli affetti ma può contare su un riferimento genitoriale che gli assicura stabilità e affidabilità. E, infine, l’adozione omogenitoriale. Questione complessa – ne parliamo anche a pagina 3 – in cui s’intrecciano pressioni politiche, domande educative e sociali, rivendicazioni ideologiche. In questa prospettiva, importante lo studio realizzato da Alessandra Santona, psicologa e psicoterapeuta, oltre che ricercatrice dell’Università Bicocca di Milano, dove tra l’altro si è svolto il convegno. L’esperta, da vent’anni attenta ad indagare il mondo delle adozioni e lei stessa neo-mamma adottiva, ha presentato una panoramica delle ricerche internazionali sul tema dell’omogenitorialità.
E in particolare del rapporto tra omogenitorialità e adozione. Nell’approfondire gli studi internazionali – la maggior parte delle ricerche arrivano dagli Usa – Santona ha messo in evidenza che il 99,7 delle coppie omosessuali sono formate da famiglie ricostituite e che solo lo 0,3% da famiglie di nuova costituzione. Tante le questioni su cui l’esperta ha messo a confronto un centinaio di ricerche e i relativi risultati. Un bambino per crescere ha bisogno di un padre e di una madre? Avere genitori incide sull’identità di genere? Quei bambini sono psicologicamente più vulnerabili? La maggior parte degli studi – ha ammesso l’esperta – si sono pronunciati a favore dell’omogenitorialità, anche se non sono stati trascurati studi molto critici come quelli di Regnerus del 2012 e soprattutto di Sullins, nel 2015, forse l’analisi più dettagliata visto che ha esaminato oltre 200mila bambini, mettendo in luce le «maggiori difficoltà emotive dei figli di genitori omosessuali ».
Anche sulle ricerche favorevoli grava però quello che la ricercatrice ha definito «Minority stress», cioè quel complesso di condizioni che deriva da una «diversità non integrata» e che fa emergere anche tra gli omosessuali una sorta di omofobia interiorizzata, oltre a sentimenti di vergogna, incertezza sulle proprie scelte, difficoltà a superare gli stereotipi di genere. Anche la posizione dei pediatri americani non serve a fugare i dubbi. Nel 2013 l’American academy of pediatricsha affermato che «i bambini cresciuti da coppie gay, se voluti e amati, sono felici e sani», ma nel febbraio di quest’anno un’altra importante associazione, l’American college of pediatricians – questo però nella panoramica di Alessandra Santona non c’è – ha pubblicato uno studio per affermare che «l’ideologia di genere danneggia i bambini».