Adozioni internazionali, da settembre si riparte. Dopo oltre tre anni dall’ultima commissione, tutto è pronto per la convocazione del prossimo incontro. È la stessa vicepresidente della Cai (Commissione adozioni internazionali), Laura Laera, a dare l’annuncio del disgelo, un lungo e travagliato periodo in cui – per ragioni ancora tutte da chiarire – l’attività dell’ente è stata paralizzata. A farne le spese innanzi tutto le famiglie, circa 8mila ogni anno che in modo generoso e quasi eroico, si avviano lungo la strada impervia dell’adozione internazionale.
Ora la svolta decisiva: «Abbiamo predisposto tutto per la convocazione della commissione entro la metà di settembre», assicura l’ex presidente del Tribunale dei minori di Firenze, dal giugno scorso alla vicepresidenza Cai (il presidente è lo stesso premier Paolo Gentiloni). Non si tratterà solo di un momento formale. Le questioni sul tappeto sono tante e complesse. La Commissione per le adozioni internazionali che, secondo la legge, controlla e coordina l’attività dei 63 enti accreditati in Italia, è un organo collegiale. Può capitare che, per motivi di urgenza o di opportunità, una decisione venga assunta dalla vicepresidenza, ma tutto poi dev’essere ratificato dalla commissione riunita. Questo negli ultimi tre anni non è mai avvenuto perché la precedente responsabile, Silvia Della Monica – anche lei magistrato fuori ruolo – si era convinta che esistessero conflitti di interesse insuperabili all’interno della commissione, tali da rendere impossibile l’attività ordinaria e da sconsigliare addirittura la convocazione dell’ente. Così mese dopo mese tutto si era progressivamente bloccato, le comunicazioni con le famiglie interrotte, la collaborazione con gli enti paralizzata. Stasi profonda anche nei rapporti internazionali tanto che alcuni Paesi, con cui l’Italia aveva un positivo rapporto di collaborazione, hanno espresso il loro disagio per l’evanescenza della Commissione.
Ora, tra le urgenze più immediate, c’è quella di una verifica dell’attività svolta nell’ultimo triennio, con la ratifica collegiale delle decisioni monocratiche assunte dall’ex vicepresidente. Quelle naturalmente che sarà corretto ratificare perché considerate ancora valide. L’ordine del giorno della prima riunione è però ancora tutto da definire e la vicepresidente Laera spiega che, vista la straordinaria mole di lavoro da smaltire, le priorità saranno messe a punto proprio a ridosso dell’incontro di settembre. Facile però immaginare che questio- ni urgenti, come per esempio la verifica dei visti d’ingresso dei bambini per cui l’iter adottivo si è già concluso, non potrà essere procrastinato. Come sarà esaminato il delicato dossier relativo ai rimborsi che, come già annunciato nei giorni scorsi, potranno essere riconosciuti soltanto alle famiglie che hanno adottato solo fino al 2011.
Per tutte le altre – sono circa 10mila nuclei familiari – si apre una lunga attesa di cui è difficile prevedere gli esiti. Ma ci sono anche attività meno conosciute sul fronte della ricerca e della collaborazione scientifica, come il rapporto scaduto nello scorso triennio con l’Istituto degli Innocenti di Firenze – all’avanguardia per lo studio delle dinamiche relative agli aspetti psicosociali dei minori – che va al più presto rinnovato. Perché un ente che si occupa di adozione internazionale non può fare a meno di un costante confronto scientifico su temi così delicati e complessi. Come altrettanto urgente è il ripristino della cosiddetta 'linea Cai' con le famiglie. Il numero diretto a cui le coppie adottive potevano in passato far riferimento per necessità, chiarimenti, spiegazioni, informazioni tecniche e non solo, relative sia alla complessità dell’iter adottivo, sia a richieste nel post- adozione.
Anche questo servizio nel triennio 2014 2017 è stato via via lasciato languire fino ad essere interrotto. Con la conseguenza che decine e decine di famiglie, abituate a un confronto periodico con i dirigenti della Commissione, non solo si sono sentite abbandonate in momento talvolta difficile del loro percorso adottivo, ma spesso non sono riuscite ad avere in tempo utile le informazioni necessarie per espletare una pratica o per rispettare una particolare scadenza tecnica. Sul tappeto anche il gravoso capitolo degli accordi internazionali. Come detto, si è tratta di un aspetto che riguarda i rapporti con gli Stati e ha implicazioni diplomatiche tutt’altro che irrilevanti. Negli anni scorsi anche questa dimensione ha conosciuto momenti di difficoltà, con il risultato che alcune convenzioni non sono state rinnovate, altre sono state sottoscritte ma attendono ancora di essere ratificate.
Una 'dimenticanza' non irrilevante visto che non si parla di carbone o di ortaggi, ma di bambini in condizioni di abbandono e di sofferenza che attendono di avere una famiglia. Si tratta quindi di riprendere i rapporti con gli Stati protagonisti di questi accordi – la Cambogia per esempio – per verificare la validità dei documenti sottoscritti. Oppure, come nel caso della Bielorussia, di far partire nuove convenzioni ormai già definite. Sarà riproposta anche la questione del conflitto d’interesse che, come detto, avrebbe contribuito a paralizzare per un intero triennio l’attività della Cai. Il problema – anche a giudizio degli attuali dirigenti – esiste, ma non è tale da impedire i lavori della Commissione. Secondo il decreto Del Rio del gennaio 2015 non possono fare parte dell’organismo rappresentanti di associazioni a cui interno sono presenti enti accreditati. Si tratterebbe della solita questione del controllato che è allo stesso tempo controllore. Come ovviarne? Possibile, tra le varie ipotesi, una soluzione tecnica anche all’interno dell’ente che possa assicurare la massima trasparenza alle decisioni della Commissione nel rispetto dell’attuale normativa.
Nel frattempo però l’attività dell’organismo va avanti. E da settembre tutto riprenderà a camminare. Se l’adozione internazionale è una scelta generosa di solidarietà e di apertura alla vita, poter contare su un organismo pubblico che accompagna e sostiene puntualmente questo percorso è solo un atto di giustizia. Che per un triennio però lo Stato non è stato in grado di assicurare. E si tratta di un credito che le famiglie hanno finalmente il diritto di veder riconosciuto.