«Raccolta di giochi usati per i bambini ITALIANI meno fortunati». Così l’assessore al Commercio del Comune di Trieste, Lorenzo Giorgi, di Fi, ha lanciato dal suo profilo Facebook la "Befana del Vigile".
Da ieri, infatti, in piazza Ponterosso è attivo il mercatino che sposa solidarietà, commercio ed educazione stradale, oltre che musica, enogastronomia e divertimento. Una vecchia tradizione recuperata dall’amministrazione comunale di centrodestra, ma che ha fatto subito discutere per quella parola, «ITALIANI», in maiuscolo, che è stata interpretata come una discriminazione da parte dell’ente pubblico nei confronti dei piccoli stranieri.
La Befana vien per tutti, tanto più quella della Polizia locale. E ancora di più – si obietta in piazza Unità – in una città che da secoli fa del pluralismo culturale la sua matrice fondativa. E che arriva dopo un altro recente provvedimento, il divieto municipale a chiedere elemosine, voluto da vicesindaco Pierpaolo Roberti della Lega Nord.
La Caritas di Trieste, dopo essere intervenuta in quell’occasione per richiamare il dovere della solidarietà, scende di nuovo in campo con una nota altrettanto dura a sostegno di tutti i bambini: «La Caritas diocesana, in piena comunione con il suo presidente l’arcivescovo Giampaolo Crepaldi, esprime il più vivo rammarico per le dichiarazioni dell’assessore Giorgi riguardo l’esclusività riservata ai bambini italiani circa la raccolta doni», afferma il direttore don Alessandro Amodeo, anche perché in questo modo «si appoggia l’iniziativa di un’associazione politica già dedita in altre circostanze a queste singolari distinzioni, una per tutte le raccolte alimentari a beneficio esclusivo degli italiani».
Il riferimento è ad una realtà di volontariato che fa capo a Forza Nuova, come spiega don Amodeo. La Caritas quindi «richiama con forza il senso cristiano della solennità liturgica dell’Epifania e dell’incontro della Santa Famiglia con i Magi, manifestazione del Bambino Gesù a tutte le genti del mondo e incontro di tutti popoli attorno all’unico Dio fatto uomo».
Non solo: chiede anche «di riconsiderare la destinazione dei beni eventualmente raccolti durante la manifestazione e, rispettando l’universalità del Vangelo, di donarli senza distinzioni a tutti i bambini, senza alcuna distinzione di etnia, origine e provenienza».
Pesante la conclusione: «Non possiamo che esprimere viva preoccupazione di fronte ad un metodo e uno stile che non promuovono il bene di tutti, creando distinzioni che non fanno onore alle sane e consolidate tradizioni civili e cristiane della nostra città».
Probabilmente consigliato dallo stesso sindaco Roberto Dipiazza, apprezzato per la sua moderazione, l’assessore Giorgi ha poi ritirato il post, spiegando di aver manifestato sostegno a un’associazione che «autonomamente (come è giusto che sia) decide a chi destinare il frutto del proprio lavoro di volontariato; la stessa settimanalmente consegna a migliaia di triestini vestiario e cibo. Grazie a loro tante persone possono avere un sorriso in più».
Ma le polemiche continuano, tanto che il vicesindaco Roberti si è sentito in dovere di commentare: «Il politicamente corretto ci ha pervasi a tal punto da proibirci di pensare prima ai nostri figli che a quelli degli altri?».
Walter Citti, componente del Collegio del garante regionale, ha tuttavia obiettato che, in base alle disposizioni di legge, anche una donazione pubblica di giocattoli, se promossa o patrocinata da un ente o da un’amministrazione pubblica, deve conformarsi ai principi di imparzialità e quindi deve rispettare parità di trattamento ed evitare ogni tipo di discriminazione.
Un assessore lancia una raccolta pubblica di giochi avvertendo che non andranno agli stranieri. La Caritas, in accordo con l'arcivescovo Crepaldi, protesta. E ci sono dubbi sulla legalità della scelta
© Riproduzione riservata