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Il dossier della scuola sarà uno dei più delicati che il prossimo governo si troverà sul tavolo. A partire dalla spinosa questione dei precari, che doveva essere, almeno in parte, sanata da un concorso straordinario, finito, però, in un decreto arenatosi con la crisi. In gioco c’è il futuro di 60mila insegnanti, in gran parte donne, che dopo tanti anni di supplenze, cominciavano a intravedere la cattedra. Destinata, invece, a restare un miraggio. Secondo i sindacati, quest’anno le supplenze saranno 170mila. E, se alla fine il decreto non dovesse andare in porto, i precari potrebbero diventare anche 200mila.
Praticamente, un docente su cinque avrà un contratto a termine. Non proprio la condizione ideale per garantire la continuità didattica agli studenti. Un valore che, almeno a parole, tutte le forze politiche dicono di voler preservare. C’è poi il capitolo dirigenti, sia scolastici che amministrativi. Se, per i primi, il concorso per 2.900 posti ha diminuito il numero delle reggenze, per i Dsga (Direttore servizi generali e amministrativi), il concorso è ancora in itinere e, quindi, i 2.400 nuovi assunti potranno prendere servizio non prima dell’anno scolastico 2020-2021.
Nel frattempo, su 8.400 istituzioni scolastiche, ben 3mila continueranno ad essere prive del direttore ammini-strativo, potendo contare unicamente su amministrativi “facenti funzione”. Di questi, almeno 600, secondo i sindacati, avrebbero i requisiti di anzianità di servizio per accedere a un canale riservato del concorso e, in questo modo, prendere servizio anticipatamente. Contestualmente, c’è anche il problema delle segreterie sottodimensionate e che lo saranno ancora di più per effetto di “Quota 100”. Soltanto il 40% circa di chi va in pensione viene so- stituito e, di conseguenza, le segreterie sono sempre più oberate di lavoro, anche per la carenza di personale.
Sul fronte dell’edilizia scolastica, il nuovo esecutivo dovrà far fronte a una situazione che, secondo i dati di Cittadinanzattiva, vede un crollo nelle scuole ogni 4 giorni, tre scuole su quattro senza agibilità statica e solo una su venti in grado di resistere ad un terremoto. I 10 miliardi di euro per interventi, investiti per il triennio 20182020, hanno permesso l’apertura di cantieri da parte di 323 enti locali (Regioni, Province e Comuni), ma la dimensione del fenomeno è talmente grande che, anche il nuovo governo, dovrà necessariamente mettere mano al portafoglio.