Non si saprà mai come sia davvero morto Alexeij Navalny, l'oppositore di Putin deceduto in prigione il 16 febbraio. La resistenza di chi continua a opporsi alla logica della guerra e della repressione, come Vladimir Kara-Murza, Ilya Yashin, Alekseij Gorinov o Boris Kagarlitsky, subisce un ulteriore e duro colpo. Ciò che andrebbe compreso, ora, da parte della comunità internazionale è che i prigionieri politici in Russia non vanno abbandonati a sé stessi. Di questa coscienza civile c’è un immenso bisogno, soprattutto adesso. In questi giorni tante donne e uomini, tanti giovani in diverse città della Russia si sono esposti per commemorare Navalny. E ci guardano. A loro e a tutti i dissidenti - scrive Raffaella Chiodo Karpinsky - nella vita quotidiana servirebbe un messaggio di vicinanza e sostegno molto più percepibile di quello arrivato finora. Per non sentirsi schiacciati fra l’oppressione del regime in Russia e la nostra indifferenza. Un seme che va sostenuto, coltivato e non lasciato morire.