Uno dei maggiori filosofi contemporanei (ateo) che enuclea la centralità del cristianesimo con lucidità culturale e passione personale; uno tra i più noti teologi a livello internazionale (credente) che indaga le implicazioni politiche e intellettuali del messaggio evangelico mutuato dalla predicazione paolina. Slavoj Žižek e John Milbank rappresentano due nomi di notorietà disomogenee per il lettore italiano: del filosofo sloveno, grazie a varie case editrici (Feltrinelli, Meltemi Cortina, e altri), si sono letti i saggi su Lacan, sul postmoderno, sull’11 settembre, e altri; del teologo anglicano, teorico della Radical Orthodoxy (corrente dell’anglicanesimo vicina al cattolicesimo: Milbank è ospite fisso al Meeting di Rimini) si conosce solo un altro saggio a quattro mani con lo stesso Žižek, La mostruosità di Cristo: paradosso o dialettica? (La sua monumentale Theology and Social Theory, appena pubblicata in Francia da Ad Solem, non ha ancora trovato un editore italiano).
Ora i due pensatori tornano sul luogo del "delitto" con un testo che rilegge l’eredità culturale e politica cristiana attraverso la prospettiva dell’Apostolo delle genti. Quest’ultimo riletto alla luce degli scritti di Alain Badiou e di Giorgio Agamben, due degli intellettuali che hanno indagato gli scritti evangelici con rinnovati risultati. Ne viene fuori un avvincente e brillante confronto a distanza condensato nel titolo (un tantino depistante) San Paolo Reloaded. Sul futuro del cristianesimo (Transeuropa, pp. 192, euro 19,50). Insomma, seppure da prospettive diverse (Milbank è credente, Žižek tutt’altro: per lui l’evento resurrezione è "fantastico", cioè non storico) i due intellettuali offrono una lettura spregiudicatamente attuale del cristianesimo. Žižek individua il suo nucleo in un "di più" che avvolge la storia e ogni persona: «Qui sta il messaggio del cristianesimo: la positività dell’Essere, l’ordine del cosmo regolato dalle proprio leggi, che è il dominio della finitudine e della mortalità, non è "tutto ciò che c’è"; c’è un’altra dimensione, la dimensione della vita vera dell’amore, accessibile a tutti noi attraverso la grazia divina, cosicché tutti possiamo parteciparvi». Ancora: il cristianesimo stabilisce «che io non sono soltanto ciò che sono, uomo donna, e così via; anzi, cioè che mi rende grande, o addirittura immortale, è il fatto che io non possa essere ridotto a ciò che sono nella mia esistenza particolare». Interpretando Badiou, il filosofo di Lubiana può affermare così la rivoluzione concettuale operata da Cristo: «La sua morte sulla Croce indica semplicemente che "Dio si è fatto uomo", che la verità eterna è qualcosa di immanente alla vita umana, accessibile a ogni essere umano. Ciascuno di noi può essere toccato dalla grazia dell’Evento-verità e entrare nel dominio della vita eterna». Da parte sua Milbank, nel suo intervento su Paolo contro la biopolitica (intesa quest’ultima non in senso bioetico, ma in senso filosofico: «Si ritiene che la vita stessa sia generatrice del contratto e della legge»), affina la comprensione zizekiana del cristianesimo mostrando come la teologia di Paolo, soprattutto la Lettera ai Romani, sia una delle poche strade percorribili per rispondere a questa domanda: «La biopolitica si rafforza grazie a un’economia sacrale.
C’è una modalità secolare, immanentistica, esterna alla biopolitica? No. Al di là della biopolitica, può esserci solo un percorso autenticamente religioso». In altre parole. È l’uomo-Dio risorto che scardina il principio legge-peccato, e quindi norma-punizione, secondo la Rivelazione: «Paolo prende spunto dalla visione di un uomo risorto. Questa gli rivela un’altra vita, più originaria, una vita precedente la caduta, una vita-senza-morte che è stata ripristinata nella sua originaria possibilità non dall’economicizzazione della morte o dalla resistenza a essa, ma dal fatto di sopportarla fino alla fine». Di qui, secondo Milbank, nascono conseguenze importanti. Solo questo appiglio esterno (raggiungibile, sostiene il teologo di Nottingham, anche con la sola ragione e il diritto naturale) permette di capire e praticare la giustizia: quest’ultima «è realizzabile solo se accordiamo fiducia a ciò che è fidato, fiducia a coloro che credono sia possibile che un bene ulteriore accada e che stanno costantemente all’erta per questo». E dunque il fenomeno-Chiesa resta impellente anche per Žižek: «Ecco perché io e molti altri filosofi di sinistra, come Alain Badiou, siamo così interessati a rileggere, riabilitare, e riappropriarci dell’eredità di Paolo. Il legame tra la comunità cristiana e il movimento progressista è cruciale. Mi riferisco all’idea di una comunità radicale di credenti. Una comunità che segua il modello della comunità cristiana originaria: una comunità di emarginati. Abbiamo bisogno di questo, di questa idea di una comunità egualitaria di credenti che non sia la comunità eretica tradizionale né la molteplicità liberale. Io sostengo che se perdiamo questo momento cruciale, il momento della realizzazione dello Spirito Santo come una comunità di credenti, noi vivremo in una società davvero triste, in cui l’unica scelta sarà tra il volgare liberalismo egoistico o il fondamentalismo che lo contrattacca». E Milbank gli fa eco: «La vita umana deve in qualche modo portare nella sua scintilla biologica anche una scintilla pneumatica, che la leghi alla bontà e alla giustizia immortale e che le consenta di sradicare interamente le passioni volgari "della carne" interessate solo alla sopravvivenza a spese degli altri».