Padre Morgan
È una storia che i lettori di J.R.R. Tolkien conoscono bene: l’amore del mortale Beren per la principessa elfica Lúthien, così forte da vincere ogni ostacolo, compresa la morte. Non per niente quei due nomi, Beren e Lúthien, sono incisi sulla tomba che l’autore del Signore degli Anelli condivide con la moglie, l’amatissima Edith Bratt. Anche la loro fu, all’inizio, un’unione contrastata. E anche loro dovettero vedersela con il corrispettivo di re Thingol, che pone più di un impedimento alle nozze della figlia. Nella realtà, però, le difficoltà principali vennero dalla parte di John Ronald Reuen, che aveva conosciuto Edith nel 1908: lui aveva sedici anni, lei già diciannove e a complicare ulteriormente la situazione c’era il fatto che la ragazza fosse protestante, e non cattolica come il suo giovanissimo spasimante. Ce n’era abbastanza perché il tutore di Tolkien, padre Francis Morgan, opponesse un veto al fidanzamento. Lo fece, infatti, e nella maggior parte delle biografie dello scrittore la figura del sacerdote rimane imprigionata in quest’aurea di ostilità. Ma anche la perfetta fiaba coniugale di Beren e Lúthien contempla, esaurite le peripezie, la riconciliazione con Thingol, sovrano severo ma giusto. Non diversamente, con il passare del tempo, padre Francis divenne amico di famiglia dei Tolkien, che si erano sposati nel 1915.
A rimettere ordine in una vicenda altrimenti poco esplorata provvede ora un’interessante ricerca dello spagnolo José Manuel Ferrández Bru, tradotta da Isabella Mastroleo per Edizioni Terra Santa con il titolo J.R.R. Tolkien e Francis Morgan (pagine 334,euro 20,00). «Una saga familiare», promette il sottotitolo, e in effetti le famiglie coinvolte sono più di una. Non solo i Tolkien, con i quali padre Morgan entra in contatto a Birmingham nel 1900, quando il padre di John e di suo fratello Hilary era morto già da alcuni anni e la madre, Mabel, si era appena convertita al cattolicesimo. Anche il sacerdote, da parte sua, vantava ascendenze abbastanza impegnative. Imparentati con gli Osborne, celebri produttori di sherry, i Morgan appartenevano all’alta borghesia anglo-iberica, che il destino sembrava aver condannato a una duplice e paradossale condizione di minoranza: troppo inglesi per la Spagna, erano troppo cattolici per il Regno Unito, dove le restrizioni legali imposte ai “papisti” erano durate fino alla metà dell’Ottocento e il pregiudizio si stava rivelando ancora più tenace.
Nato nel 1857 (lo stesso anno di Arthur Reuel Tolkien, il padre di John), il giovane Francisco Javier Morgan era stato uno degli studenti dell’Oratorio fondato a Birmingham dal cardinale John Henry Newman, la figura più rappresentativa del Movimento di Oxford, che riveste un ruolo fondamentale nella storia del cattolicesimo inglese. All’interno dell’Oratorio era maturata la vocazione sacerdotale del ragazzo, che aveva continuato a intrattenere rapporti strettissimi con la Spagna. Nel 1904, dopo la morte di Mabel Tolkien, padre Francis aveva assunto la tutela legale di John e Hilary, provvedendo alla loro educazione anche dal punto di vista finanziario. La sua personalità è molto più complessa e ricca di influenze di quanto comunemente si creda. Il lavoro di Ferrández Bru ha il merito di portare alla superficie una serie di elementi che vanno dallo studio delle lingue (uno dei primi idiomi inventati da Tolkien, il Naffarin, tradisce un debito evidente verso lo spagnolo) alla passione per le scritture in codice, testimoniata dalla lettera crittografata che il dodicenne John invia al sacerdote nell’agosto del 1904.
Attraverso il tutore, aggiunge Ferrández Bru, il ragazzo deve essere venuto a contatto con il costumbrismo, la corrente letteraria spagnola che rappresenta una rimodulazione delle istanze romantiche e che ebbe tra le sue autrici maggiori una prozia di padre Morgan, Cecilia Böhl de Faber, nota con lo pseudonimo di Fernán Caballero. Nelle sue opere è presente, per esempio, un’indagine sui detti e i proverbi popolari che si ritrova nella tessitura dell’universo tolkieniano. Spesso puntuale nella rispondenza dei fatti (il capitolo dello Hobbit sui «barili in libertà » nasconde una reminiscenza dei racconti sul commercio di vini tra Jerez de la Frontera e El Puerto de Santa María), l’amicizia con il sacerdote è probabilmente all’origine della valutazione positiva che Tolkien, come molti cattolici inglesi, ebbe del regime di Francisco Franco. Ma quel che più conta, in fondo, è che padre Morgan sia rimasto una presenza consueta nella casa dello scrittore fino alla morte, avvenuta nel 1935. La figlia di Tolkien, Priscilla, si ricorda ancora di quando il prete la chiamava «piccola dama».