Michael Novak (Siciliani)
L'Anno Santo come occasione per un esame di coscienza del mondo dell'economia. A riflettere con noi è il professor Michael Novak, cattolico statunitense, studioso di etica dell'economia, aperto sostenitore della possibilità di un incontro tra Vangelo e mercato. (Intervista del 18 aprile 2000)
Il Giubileo può essere una provocazione, una sfida per l'economia contemporanea?
«Il Giubileo è sempre una sfida. Significa eliminare tutto il vecchio e ricominciare daccapo. In Occidente il modo migliore per farlo sarebbe un'ampia revisione delle regole degli Stati, modificandole tutte e rimuovendone la maggior parte. Per la nuova economia e le nuove tecnologie dei nostri tempi, la maggior parte di queste regolamentazioni è superata».
Non è pericoloso un mondo senza regole?
«Le vecchie norme alzano immensamente i costi di produzione delle merci e dei servizi e così impoveriscono i poveri e aumentano la disoccupazione molto più di quanto sarebbe altrimenti. Un'economia ha bisogno di regole, certo, ma sagge. Ogni regola contiene anche un potenziale rischio di corruzione».
Il modello economico che ci viene proposto nell'Antico Testamento è obsoleto, irraggiungibile, oppure contiene suggerimenti validi ancora oggi?
«Il Testamento ebraico è così pieno di intuizioni sulla condizione umana che la sua saggezza sembra sempre nuova. Certo, ogni epoca è diversa dall'altra. Nel mondo antico l'idea che una sola persona potesse creare un'enorme nuova ricchezza e generare un progresso economico stabile non era ancora stata colta. Non esisteva una scienza dell'economia, che è nata solo dopo che Adam Smith ha scritto la sua opera "Ricerca sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni" (1776). Nei tempi antichi la gente era in balia dei cicli dei "sette anni magri" e dei "sette anni grassi". L'economia era fondamentalmente agricola. C'erano poche possibilità per emergere o per soddisfare il proprio personale talento. Non si riconosceva neanche che le idee, la capacità e la conoscenza sono le forme più importanti di ricchezza. In termini economici, il mondo della Bibbia è piuttosto diverso dal nostro».
Il Signore ha detto: «La terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e inquilini». L'uomo deve allora ricordarsi che in realtà non possiede nulla?
«Sì, il fatto che siamo tutti amministratori è un punto cruciale. John Stuart Mill lo ha usato come un argomento di base negli studi sulla proprietà privata e la sua "sacralità". Egli ha scritto che l'esperienza dimostra come i proprietari privati considerino se stessi come amministratori temporanei nell'interesse delle successive generazioni. Questo porta al maggior beneficio possibile per la terra. Max Weber è andato oltre spiegando che la ragione principale della preminenza inglese nello sviluppo economico del XIX secolo è stata il fatto che l'Inghilterra ha subìto molte meno invasioni del resto d'Europa. In Inghilterra, quindi, i diritti della proprietà privata sono stati di maggiore durata. E questa è stata la chiave per il precoce successo dell'Inghilterra nella formazione del capitale, e quindi negli investimenti, nell'industrializzazione e nel commercio. Amministrazione è un termine assolutamente cruciale nel pensiero economico. Nel suo senso pieno non riguarda unicamente la propria famiglia, ma l'intera umanità».
La Terra Promessa in origine è stata divisa in modo equo tra le tribù di Israele e così doveva tornare ad ogni Giubileo. Oggi come si può attuare un'equa divisione delle risorse economiche?
«In un certo senso, lo stesso Dio non è egualitario. Alcuni anni fa ho sentito una barzelletta su questo in Israele: "Dio ha promesso a Israele una terra di latte e miele", dice un tizio. "Ma non ha detto nulla a proposito del petrolio", replica l'altro. Non tutte le nazioni sono state trattate in modo uguale nei loro doni naturali. Tuttavia la causa principale della ricchezza delle nazioni non è un dono della natura. La causa principale della ricchezza è l'inventiva, la scoperta, la conoscenza, in una parola: il capitale umano. Oggi in ogni nazione la risorsa di maggior valore sono gli esseri umani. Per inciso: questo è ciò che rende così saggio e lungimirante l'insegnamento cattolico sulla popolazione. Gli esseri umani non sono la causa della povertà, sono il motore della ricchezza».
Significa che i beni naturali contano poco?
«Sì, in un certo senso, le economie moderne stanno lentamente equilibrando il mondo. O almeno è così quando un popolo ha la capacità di organizzare se stesso per lo sviluppo del proprio capitale umano. In questo senso, il più importante di tutti gli investimenti sociali è l'educazione. Tuttavia le nazioni hanno anche bisogno di sistemi di mercato e di forme molteplici di commercio e di altre attività economiche, quindi persone con ogni sorta di talento possono trovare l'occupazione adatta. Il concetto più importante in questo caso è "opportunità". I sistemi economici liberi hanno il vantaggio di creare un'ampia gamma di opportunità, e la gente con i più diversi talenti può svilupparli adeguatamente. Questo è il modo in cui la Svizzera e il Giappone e altre nazioni relativamente piccole e povere di risorse naturali, sono diventate ricche».
È possibile, ed è giusto, cancellare l'intero debito estero dei Paesi più poveri?
«Se non sbaglio, la maggior parte delle banche e delle altre istituzioni finanziarie ha già sviluppato una serie di metodi per "perdonare" il debito: cancellando alcuni o tutti i crediti vantati, riducendoli o cambiandone la natura. Le banche sono realiste: sanno che non potranno essere ripagate. Diverso è invece il caso dei governi che concedono prestiti ad altri governi. Non so cosa sia avvenuto in Europa, ma negli Stati Uniti tanti dei fondi prestati dalla nostra amministrazione a governi del Terzo Mondo sono stati un grande spreco e causa di corruzione. Sembra una scelta magnanima quando un capo di governo occidentale propone di cancellare il debito dei Paesi poveri. Ma il denaro prestato appartiene, in realtà, ai contribuenti di quello Stato. Ed è molto facile essere generosi con il denaro degli altri. Da un altro punto di vista, è fondamentale osservare che i Paesi che una volta erano molto poveri, ora sono diventati molto ricchi, e in un tempo relativamente breve. Prendiamo in considerazione il Giappone. Nel 1945 le sue città più grandi erano state bombardate, i suoi tesori sprecati in una guerra di oltre quindici anni, i suoi impianti distrutti. Se il "capitale" consistesse solo nelle cose materiali e nel denaro, il Giappone sarebbe rimasto povero per 100 anni. Grazie a Dio però, la forma più importante di ricchezza è il "capitale umano". La Corea del Sud (ma non la Corea del Nord), Taiwan (ma non la Cina) e molti altri Paesi, compresi alcuni in Europa, hanno fatto simili passi in avanti. Lo sviluppo dipende soprattutto dal capitale umano, può procedere molto velocemente una volta che viene implementato il sistema corretto».
A questi Paesi, però, per motivi geo-politici, non sono certo stati lesinati aiuti da parte degli Usa. In ogni caso, nei suoi ultimi libri, compreso «Affari come vocazione», lei esalta decisamente il ruolo «creativo» dell'imprenditore. Perché?
«Ogni impresa oggi parte da un'idea creativa: un nuovo prodotto, un nuovo servizio o un nuovo modo di fornire vecchi prodotti e servizi. Inizia con un'esplosione di creatività. In un secondo momento, lo spirito creativo dell'imprenditore trova la strada per far diventare reali nel tempo, nello spazio e nella fisicità le idee. Rendere reale un business che non esisteva prima è un atto creativo significativo e richiede molto realismo pratico e saggezza, molta perseveranza e determinazione. In America, mi piace usare l'esempio di McDonalds. Il signor Ray Kroc, il fondatore, è stato il primo a rendersi conto che, con sempre più donne che lavoravano a tempo pieno, tante famiglie avrebbero avuto bisogno di un posto economico ed efficiente per mangiare fuori».
Forse, in Italia, questo esempio resterà indigesto a qualcuno...
«Perché? McDonalds ha reso tante decine di migliaia di americani proprietari di attività in franchising. Ha offerto centinaia di migliaia di lavori relativamente ben pagati, soprattutto ai giovani».
Come fare perché l'attività economica non si traduca solo in sfruttamento dell'uomo sull'uomo?
«"Sfruttamento" è un termine marxista. Marx pensava che la sola causa della ricchezza fosse il lavoro - egli non valutava realmente il ruolo dell'invenzione e della scoperta - e riteneva che qualunque altro aumento della ricchezza proveniente da qualsiasi altra fonte era "sfruttamento". Di recente ho chiesto alla responsabile economica di una delegazione cinese in visita ufficiale negli Usa, che cosa pensasse il popolo cinese di Marx. Lei mi ha guardato meravigliata dicendo: "Il signor Marx è molto vecchio e molto morto. Noi non pensiamo affatto a lui". È un errore infantile quello di credere che in ogni transazione c'è qualcuno che vince e qualcuno che perde, quindi un risultato uguale a zero. In una buona società, il maggior numero possibile di transazioni deve essere di pari riuscita: tutte le parti devono trarne vantaggio, in un gioco a risultato positivo. Questo è il criterio della genuina creatività».