giovedì 20 giugno 2024
L’uomo schiavo della paura si affida alla IA come nuovo oracolo per sconfiggere il destino. Le immagini simboliche della pandemia ci dicono che solo la religione può soddisfare la sete di trascendenza
Un momento della preghiera straordinaria di papa Francesco durante la pandemia, il 27 marzo 2020

Un momento della preghiera straordinaria di papa Francesco durante la pandemia, il 27 marzo 2020 - Archivio Avvenire

COMMENTA E CONDIVIDI

Guerino Nuccio Bovalino, autore del libro Algoritmi e preghiere. L’umanità tra mistica e cultura digitale (Luiss University Press, 2024), oggi alle 16.00 interverrà a Taormina all'interno del festival Taobuk sul tema “La trascendenza nell’età degli algoritmi”. Anticipiamo i temi dell'incontro.

Un ricordo vivido della mia infanzia mi riporta a un giorno d’estate, in un paesino del profondo Sud, quando apparve all’improvviso una tromba d’aria che pareva danzasse sul mare. Alcune donne del posto, vestite di nero nonostante il caldo asfissiante, si riversarono sulla spiaggia. Preoccupate per le sorti dei mariti bloccati in mezzo al mare con le loro barche, iniziarono a recitare delle preghiere. Una di loro, in uno stato di trance mistica, impugnò un coltello e iniziò a disegnare fendenti nell’aria come se provasse ad arrestare la tromba d’aria “tagliandola”. A distanza di anni, riflettendo sulle nuove forme di messianismo attribuite dal genere umano alla tecnologia e all’intelligenza artificiale, mi sono tornate in mente le immagini di quel pomeriggio. Il gesto della donna rappresentava una tecno-difesa arcaica dinanzi a un evento imprevedibile. Un rimedio metafisico che in nulla differisce, nella radice intenzionale, da quello che proviamo a porre attraverso tecnologie più avanzate e sofisticate. L’esigenza umana di avere una forma illusoria di controllo sull’esistente, infatti, può sublimarsi in preghiere, in rituali magici e in pratiche tecnologiche. Sono tattiche con cui proviamo a padroneggiare la vita. Nelle forme più estreme, possiamo affermare che l’utopia o, meglio, la meta-utopia di queste tecniche salvifiche è l’immortalità dell’uomo. Che le religioni prospettano come vita eterna nel Paradiso e la Scienza come risultato a lungo termine della ricerca tecno-scientifica. I Prìncipi del mondo hi-tech, i nuovi Tecno-filosofi Re, per intenderci, hanno investito milioni di dollari nei progetti dedicati a trovare il modo per allungare la nostra vita.

L’uomo utilizza diverse tecniche salvifiche, delle esistecniche, per cercare di avere una presa, anche solo illusoria, sul reale e per dare al suo vivere un senso. L’IA è l’ennesima esistecnica in grado di stimolare nell’uomo le innate manie prometeiche. L’IA è una tecno-magia che l’uomo investe di poteri messianici e predittivi. La sociologa Shoshana Zuboff evidenzia come la caratteristica principale dell’IA risieda proprio nella sua capacità “oracolare”, derivante dalla possibilità di trarre da una mole di dati infinita indicazioni sui comportamenti futuri degli utenti. ChatGPT, esempio di intelligenza artificiale generativa che elabora testi come fosse un essere umano, evoca invece la tavola per evocare i morti: le pagine si riempiono di parole come fossero dettate da entità soprannaturali. L’IA è una tecnologia che denota finanche caratteristiche divine poiché essa annuncia un tempo nuovo. Come “un profeta”, parla per conto degli uomini del futuro, coloro che vogliono disintegrare ogni forma esistente e riconfigurare ogni ambito umano: sono i nuovi creatori come Zuckerberg, Musk e Altman, ossia i guru di Meta, X e OpenAI. Dio parla ai profeti come l’uomo parla alla tecnologia, la con-forma e le fa “pronunciare” le parole che costruiscono e configurano il tempo a venire. L’IA è l’oracolo che parla la lingua dell’ultima versione, il più recente upgrade, dell’homo deus. Nel profetizzare i futuri stravolgimenti, l’IA trasforma il reale e come ogni nuova lingua costruisce una inedita architettura della realtà, la ri-forma. Ma questa trasformazione non viene più percepita come un lineare viatico verso il miglioramento delle nostre vite. Per la prima volta l’uomo teme il futuro.

Marguerite Yourcenar scrisse che Memorie di Adriano fu ispirato da un’osservazione contenuta nella corrispondenza di Flaubert: “Quando gli dèi non c’erano più e Cristo non ancora, tra Cicerone e Marco Aurelio, c’è stato un momento unico in cui è esistito l’uomo, solo”. Il personaggio che alla scrittrice pareva meglio incarnasse simile condizione, tesa fra un non più e un non ancora, era l’imperatore Adriano. L’uomo è oggi nella medesima situazione di Adriano, intrappolato in un interregno, sospeso tra l’umano e il post-umano, tra l’era della carne sensibile e sofferente e il tempo della rivelazione di ciò che egli è destinato a essere al tempo della teo-tecnica incarnata dall’intelligenza artificiale.

La solitudine dell’uomo è oggi dovuta a una incapacità di proiettarsi nel futuro così come di affidarsi a una dimensione spirituale. Morto Dio, è morto anche l’homo deus, ossia l’uomo che dopo essersi elevato a dio terrestre, surrogato del Creatore, ha visto crollare le proprie certezze e le proprie visioni utopiche e prometeiche. Venendo risucchiato nel vortice di un progressismo apocalittico, dopo il fallimento definitivo del fideismo progressista, l’uomo si è trasformato in uno zombie intento a consumare la propria residua energia nella lotta per scansare la fine. Il progressismo è ormai ridotto alla stancante ricerca di estemporanee soluzioni utili a contrastare l’eterno non compiersi dell’apocalisse, che ci si prospetta di continuo sotto le forme mutanti di virus, catastrofi ambientali e nuove guerre nucleari. L’uomo si è cristallizzato nella figura tragica di un disperato che staziona inerme al bordo di un precipizio: schiavo della paura che scaturisce dalla percezione dell’imminenza della morte nel mentre cerca di eluderla.

Nel momento più critico della pandemia, la preghiera di papa Francesco nella Piazza deserta ha riunito attraverso lo schermo gli atomi-umani dispersi nel mondo. La guerra in Ucraina ci ha consegnato, poco tempo dopo, la potente immagine della deposizione del Cristo Salvatore, la statua di legno collocata nella cattedrale armena di Leopoli, nell’Ucraina occidentale. Il Cristo Salvatore è stato messo in salvo e nascosto nelle viscere della terra come avvenuto già durante i bombardamenti della Seconda guerra mondiale. Entrambe le “immagini” rappresentano la sete di trascendenza che solo la religione e i suoi simboli riescono a placare: quando un evento irrompe nella quotidianità, frantumando gli argini del conosciuto e del prevedibile, l’unica forma di contenimento è l’immanente e a-temporale fideismo religioso. È il ritorno del divino nella vita quotidiana. È una verità che sancisce la morte dell’ologramma e di ogni utopia post-umana. Nel mentre risorge Dio, che offre una nuova e antica Luce, l’ennesima apparizione della più potente Tecnologia della speranza.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI