Marco Balich - Su gentile concessione di Marco Balich
Sobrietà e sentimento, tre ore di spettacolo pacato, composto, quasi inginocchiato di fronte alla paura del Covid e al suo spettro costante, utile comunque per riflettere e per sperare. E undicimilacinquento atleti in fila dietro la loro bandiera, almeno idealmente perché il protocollo di sicurezza ne farà sfilare solo circa la metà, tutti uguali e tutti così diversi perché l’Olimpiade accomuna, ma un pugile di Tonga di 140 chili assomiglierà davvero poco alla nostra Laura Rogora, 40 kg per 150 cm d’altezza, specialista dell’arrampicata sportiva, uno dei nuovi sport dei Giochi.
E poi il silenzio di uno stadio senza spettatori con i rumori della folla riprodotti artificialmente, la torcia, l’ultimo tedoforo, i fuochi d’artificio, la realtà inevitabile di un evento solo televisivo, simbolo di un’Olimpiade che per assegnare una medaglia d’oro di metallo riciclato ha speso 15,4 miliardi di dollari e dieci miliardi di dubbi.
Questo ci aspetta domani, quando in Italia sarà ora di pranzo e a Tokyo di cena, per la cerimonia d’apertura dell’Olimpiade numero 32, mai così particolare, mai così diversa. Una volta per mostrarsi forti e grandi si sfilava con i carri armati, i missili e gli eserciti: oggi con la divisa della nuova religione pagana della terra, lo sport, stravolta dal Covid e dal distanziamento. Ci sarà l’imperatore, Naruhito, che soltanto ieri – forse nel momento più delicato per la sorte dei Giochi, con le delegazioni in arrivo e i contagi in aumento – ha sciolto la riserva sulla sua presenza.
I capi di Stato e i rappresentanti di governo saranno 18, fra loro Emmanuel Macron, unico presidente di un Paese del G7 presente in Giappone. E Jill Biden, la first lady della Casa Bianca, annunciata fra le autorità: Washington ha confermato la sua presenza nelle ultime ore, nonostante gli allarmi sanitari di Tokyo.
ll produttore esecutivo dello show d’apertura
«United by emotion», uniti dalle emozioni è lo slogan, il sacrificio e le vittime del mondo causate dal Coronavirus insieme ai disastri del Giappone del 2011 (terremoto, tsunami e incidente nucleare di Fukushima) creeranno il sottofondo costante di quello che non vuole certo essere un messaggio triste ma al contrario di apertura, coraggio e speranza. Marco Balich, l’uomo dell’Albero della Vita di Expo 2015, l’italiano autore come produttore esecutivo di decine di spettacoli del genere, e che da geniale creativo di cerimonie inaugurali dei Giochi ne ha viste e confezionate 14, assicura che questa è stata in assoluto la più difficile da organizzare.
«Dopo quanto è accaduto – spiega – la mia organizzazione è coinvolta solo come senior advisor della cerimonia in conseguenza al fatto che il Covid ci ha costretti a stare lontani dal Giappone per più di un anno. Ma da supervisore della squadra che ha lavorato tanto posso dire che la difficoltà maggiore è stata trovare il tono giusto. Questa sarà una cerimonia sobria, senza pubblico, che affronta la necessità di tenere viva l’attenzione in un clima molto diverso dal solito. Sarà una cerimonia molto giapponese, pacata, ma piena di emozione, e rimane comunque un’impresa epica averla organizzata. Ma il mondo ha bisogno di questi eventi, ha bisogno delle Olimpiadi che fanno bene al futuro del pianeta, e degli atleti che vanno rispettati per quello che fanno e per quello che hanno fatto preparandosi in un contesto simile».
La Cerimonia inaugurale dei Giochi è tradizionalmente lo show più visto del mondo, trasmesso in diretta in centinaia di Paesi: questa volta ha anche il compito di lanciare un messaggio di ottimismo. «I creativi giapponesi – dice Balich – in più hanno dovuto lavorare con il sottofondo abbastanza ostile di una nazione che non ha appoggiato questi Giochi per il timore del Covid e che continua a essere prevenuta in questo senso. Prima della pandemia avevamo studiato un evento molto diverso, gioioso, tecnologico, pieno di effetti speciali. Sarà invece raccolto, moderato, rispettoso del clima attuale. Il Covid è il fil rouge di tutta la cerimonia, protagonista assoluto è il sacrificio degli atleti, il senso di lealtà, della fatica del gesto sportivo e dei valori che rappresenta».
Lo skyline di Tokyo con i cerchi olimpici - Reuters
Non una festa dunque ma un viaggio introspettivo della cultura giapponese e della realtà dolorosa della pandemia, lontano – precisa Balich – dal gigantismo sfarzoso di altre edizioni: «Oggi le priorità e l’atmosfera sono ben altre. A Rio rappresentammo la storia del Brasile attraverso la storia della natura e della foresta, e fu molto spettacolare. Alla fine piantammo un seme per ogni atleta presente, come tributo alla sostenibilità: oggi quei semi sono diventati un bosco di 12mila alberi, sarebbe bello che questo diventasse uno standard da seguire dopo ogni Cerimonia».
Anche questa ha avuto i suoi guai. Come se non bastassero il rinvio di un anno, le dimissioni forzate nel febbraio scorso del capo dell’organizzazione dei Giochi, Yoshiro Mori, travolto dallo scandalo delle sue frasi sessiste, l’altro giorno si è dimesso anche Keigo Oyamada, uno dei compositori incaricato della musica della cerimonia inaugurale, al centro di polemiche per una intervista del 1995 in cui aveva raccontato di aver bullizzato alcuni compagni di scuola disabili. L’Olimpiade non dimentica e non perdona.
Contrariamente alle precedenti occasioni, la squadra italiana sarà tra le prime a sfilare, in diciottesima posizione sui 207 Paesi presenti, subito dopo Israele. Questo perché l’ordine è stato stabilito secondo l’alfabeto giapponese. Come da tradizione la Grecia aprirà la cerimonia, la seconda squadra sarà quella dei rifugiati. E ci sarà spazio per la prima volta anche per la bandiera dell’Unione Europea. Da consuetudine il Giappone chiuderà la sfilata, con il Cio che ha deciso che la penultima nazione a sfilare sarà la prossima a ospitare i Giochi estivi, ovvero la Francia, e la terzultima quella dell’edizione successiva, gli Stati Uniti. Resteranno loro, gli atleti, a fare da collante, fino all’accensione della fiamma, l’ultima che illuminerà la notte di Tokyo e la speranza atavica dei Giochi: che ne valga la pena. È ancora questo il vero traguardo da tagliare.