Una lungo percorso che attraversa sin dalla fondazione lo Stato unitario. Una presenza capillare che interroga la politica e «che meriterebbe la destinazione di risorse più che essere oggetto di iniziative per reperirle», dicono i responsabili delle opere religiose di ispirazione cattolica alla Protomoteca del Campidoglio, dove si presenta la ricerca "Per carità e per giustizia", il contributo degli istituti religiosi alla costruzione del welfare italiano. Quasi non ci si crede - ma lo ricorda il cardinale Tarcisio Bertone - che l’idea, di stringente attualità, sia nata molto prima «durante il convegno dei religiosi di Assisi dell’ottobre 2009, sul tema "Il Vangelo nelle opere di carità e nelle attività sociali dei Religiosi in Italia"». Il risultato, dà atto il segretario di Stato vaticano, è «un’opera storica documentata e minuziosa» che con rara precisione tempistica porta «all’attenzione dell’opinione pubblica la storia del welfare italiano a partire dalle sue origini, ovvero il suo sorgere dal basso come risposta generosa alle necessità degli ultimi».E si deve proprio all’impegno dei cattolici la nascita e la diffusione in Italia di un’idea di organizzazione della solidarietà, che oggi dà vita a 14.246 piccole e grandi opere censite, per 420mila addetti a vario titolo, laico o religioso, volontario o professionale. Una rete in crescita, che segna ben 4mila nuove iniziative dall’ultimo censimento del 2001 e tocca tutti i settori di impegno a favore delle categorie disagiate, dagli anziani agli immigrati, dai disabili agli ammalati di aids, opere con presidi fissi od operanti a domicilio come forme di servizio alla persona.Ed ecco il riscontro che arriva dal presidente della Repubblica con il lungo messaggio inviato al convegno organizzato da Fondazione Roma-Terzo settore, Fondazione Alessandra Zancan, Conferenza Italiana Superiori maggiori (Cism) e Unione Superiore Maggiori d’Italia (Usmi). «Il contributo della Chiesa è stato rilevante - scrive Giorgio Napolitano -. Superando taluni momenti critici con le nuove istituzioni dello Stato unitario, ha consentito al mondo cattolico di concorrere allo sviluppo economico-sociale del paese ed alla maturazione di valori, quali quelli della mutualità, della solidarietà e della convivenza pacifica, poi consacrati nella nostra Carta costituzionale». Una storia, quindi, anticipatrice dei valori repubblicani. E «la gratuità cristiana rappresenta un modello nel processo di costruzione del welfare, in passato e nel futuro», dice Bertone. Una storia portatrice di una collaborazione persino più antica rispetto alle intese poi intervenute a livello diplomatico fra Stato e Chiesa: «L’interdizione per i cattolici dell’impegno politico - prosegue Napolitano - non impedì agli istituti religiosi e all’associazionismo cattolico di svolgere una importante azione nei campi della cooperazione e dell’educazione, istruzione e assistenza, sanitaria e sociale a favore di quanti vivevano in condizione di povertà e precarietà sociale ed economica».Compito dell’oggi, auspica Bertone, «per un giusto ordine sociale, è garantire a tutti, e a ciascuno, per rispetto del principio di sussidiarietà, la sua parte. Spetta perciò alla politica perseguire questo ordine e la giustizia è la misura intrinseca di ogni politica».Ed ecco il punto: intervenire per garantire la tenuta di questo stato sociale; modificarlo, ma senza sbagliare la mira. Uno stato sociale che «non è morto», sostiene Elsa Fornero, in Campidoglio replicando a un’affermazione che giudica «molto tranchant» di Mario Draghi. «Non godo di grande simpatia perchè devo fare sempre tagli», ironizza il ministro del Welfare. Ma la logica dei tagli, spiega, non è solo quella di «togliere qualcosa a qualcuno», ma anche quella di doverlo fare «per dare qualcosa a qualcuno. Vi assicuro - dice - che l’equità è il nostro principio guida». Ma lo Stato «non può fare a meno del privato» e c’è «un grandissimo riconoscimento del governo per l’impegno della Chiesa», conclude Fornero.Ma i dubbi per l’impatto delle misure annunciate restano. Il neo direttore della Caritas italiana monsignor Francesco Soddu chiede «chiarezza» per capire su quali e quanti immobili della Chiesa si dovrà versare il contributo. E quelli in cui si opera per fini di utilità sociale «devono essere esclusi». Ma resta intanto «una grande confusione e spero che nei prossimi giorni i nodi vengano sciolti», auspica Soddu. C’è «viva preoccupazione», ripete anche don Alberto Lorenzelli, presidente del Cism. «Il nostro sguardo - assicura - non va alla difesa di un privilegio, ma ai timori per il futuro delle nostre opere».