Carolina Girasole non ha ottenuto sostegno elettorale dal clan Arena e quindi non ha ricambiato con favori vari. L’ha stabilito ieri il tribunale di Crotone che ha assolto con formula piena l’ex sindaco di Isola Capo Rizzuto, finito ai domiciliari nel dicembre 2013 assieme al marito Francesco Pugliese con contestazioni pesanti della Dda di Catanzaro: corruzione elettorale, turbativa d’asta e abuso d’ufficio, aggravati dalle modalità mafiose.
Al termine della sua requisitoria, il pm Domenico Guarascio aveva chiesto 6 anni per l’ex sindaco e il marito. Furono tredici le ordinanze di custodia cautelare emesse nel dicembre 2013 dal gip nei confronti di altrettante persone coinvolte nell’inchiesta "Insula" e accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, usura, turbativa d’asta e corruzione elettorale. In manette, oltre all’ex amministratrice e al consorte, il presunto capo della cosca Nicola Arena, i figli Massimo e Pasquale e un poliziotto in servizio alla questura di Crotone accusato di violazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento. Alle elezioni politiche del 2013 la Girasole era stata candidata, senza essere eletta, alla Camera nella lista Scelta Civica con Monti. Poi era diventata consigliere comunale d’opposizione, poiché sempre nel 2013 perse anche le amministrative.
Secondo l’accusa, nel 2008 ci sarebbe stato un accordo tra il marito e i figli del boss per «ottenere voti». Con «favori che – scrisse il gip – si concretizzavano, attraverso un’attività amministrativa apparentemente lecita e sapientemente guidata, nell’assicurare alla cosca Arena non solo il mantenimento di fatto del possesso dei terreni confiscati a Nicola Arena, quanto la loro coltivazione a finocchio e la relativa raccolta dei prodotti inerenti all’annata agraria 2010». Nel 2009 l’Agenzia del demanio propose alla Prefettura l’assegnazione dei fondi agricoli al Comune di Isola per essere destinati a finalità sociali, come avvenne nel 2010. Il municipio li cedette all’associazione "Libera Terra Crotone" senza però poterne attuare la materiale consegna poiché parte risultava occupata da finocchi. Secondo gli inquirenti, invece che procedere alla distruzione delle coltivazioni esistenti, su proposta del sindaco il Comune affidò a privati raccolta e commercializzazione. Soluzione gradita agli Arena che si aggiudicarono la gara e, raccogliendo i prodotti, si assicurarono forti guadagni.
Più volte vittime di intimidazioni e minacce, oltre che di pesanti danneggiamenti dei beni di famiglia, Carolina Girasole nel settembre dell’anno passato durante un’udienza del processo era stata scagionata da dichiarazioni spontanee di Massimo Arena. «Ritengo che le indagini della Guardia di Finanza siano affette da alcuni decisivi errori che, se fossero emersi durante la valutazione del gip, non avrebbero certamente condotto all’ordinanza di custodia cautelare», dichiarò il figlio del boss. Che ieri è stato pure lui assolto, assieme al fratello Pasquale, dall’accusa di corruzione elettorale aggravata dalle modalità mafiose. Tutti scagionati gli imputati che rispondevano di turbativa d’asta e abuso d’ufficio aggravati: oltre all’ex sindaco l’ex assessore alle Politiche agricole, Domenico Battigaglia, e il dirigente comunale Antonio Calabretta, quindi Franco Pugliese, Pasquale Arena, Massimo Arena, Paolo Lentini, Antonio De Meco e Antonio Guarino. È caduta l’accusa di associazione mafiosa contestata a Nicola Arena, ai due figli e a Franco Ponissa. Quest’ultimo è stato assolto anche dal reato di usura ma condannato a 4 anni per estorsione. La pena di 3 anni e 6 mesi di reclusione per turbativa d’asta è stata inflitta a Nicola e Massimo Arena, Antonio De Meco e Antonio Guarino.