«È la fine di un incubo. Non si può descrivere diversamente quello che mi è successo. Da un lato miei atti amministrativi molto precisi, non parole nei convegni. Dall’altra quello di cui ero accusata che era completamente l’opposto. Non riuscivo a capire dove stava la verità. Davvero da quella notte ho vissuto un incubo». Così, commossa, Carolina Girasole commenta al telefono l’assoluzione. «Spero di riprendere la mia vita, sono felice per noi, ringrazio chi mi è stato accanto. In particolare il mio avvocato: senza il suo lavoro puntiglioso e meticoloso probabilmente non saremmo riusciti a dimostrare al Tribunale dove stava la verità».
Ha mai avuto dubbi sulla giustizia?Ho sempre creduto che mi dovevo difendere nel processo. Fuori dall’aula non ci sono mai state mie dichiarazioni, ho lasciato parlare gli atti. Avevo fiducia in questa giustizia. Infatti voglio ringraziare il Tribunale di Crotone, i giudici, il presidente perché nonostante tante pressioni sono stati liberi di decidere. Hanno ridato speranza a me ma io penso anche alla Calabria che ha creduto al lavoro e all’impegno del sindaco Girasole.
Dopo l’arresto una parte del mondo dell’antimafia ha subito preso le distanze.È la cosa che mi ha fatto più male. Un cambiamento repentino che mi ha sconvolto. Ma allora gli atti non contano niente? Basta che uno dica una cosa... Io ho creduto tanto in un progetto: la scelta di Libera, la cooperativa per gestire i beni confiscati, sono state scelte ragionate da parte mia e di chi mi stava accanto. Ho creduto fermamente che quella era ed è il futuro per il mio paese. Questo progetto l’ho condiviso con altri che al primo dubbio mi hanno scaricato. Io ritengo di essere stata coerente fino in fondo e oggi questa sentenza dice chiaramente che quello che io ho fatto l’ho fatto veramente fino in fondo. Se qualcuno ha voluto mettere dubbi, buttare fango su quella che è stata la mia attività amministrativa, questa sentenza rimette i puntini sulle "i".
A>Pensa di ritornare in politica?In questo momento no. Cerco di riprendere la mia vita, la mia famiglia, le mie figlie, mio marito. Ci sono stati momenti di grande solitudine, di sofferenza. Abbiamo pagato un prezzo troppo caro. Un’esperienza sconvolgente. La mia attività mi aveva posto davanti una serie di nemici, altri non pensavo potessero essere miei nemici. Alla fine ne esci così sconvolto che non sai più da che parte guardare. Datemi il tempo di riprendermi. Ma ci credo tanto ancora. Il mio cuore è coi ragazzi della cooperativa, col lavoro fatto per i beni confiscati, a cui tenevo tanto. Il mio cuore è lì, con quel progetto. Io l’ho fatto veramente credendoci fino in fondo. Il mio cuore batte là.
Ora si dovrà indagare altrove?Sicuramente. Bisogna cercare i veri amici della ’ndrangheta nel mio paese. E ce ne sono.