Tanto per capire la portata del fenomeno: il 90% dei ragazzi italiani di 13-14 anni e il 93% dei 15-16enni ha un profilo su un social network come Facebook, che nel mondo vanta oltre 1 miliardo di iscritti attivi.
Anche se il colosso di Zuckenberg annuncia di volere dare così ai ragazzi le stesse possibilità di azione degli adulti, il suo obiettivo è un altro: cercare di frenare la migrazione degli utenti più giovani (e più attivi) verso social network concorrenti come Twitter e Snapchat che non hanno queste limitazioni. Ma anche – e soprattutto – offrire agli inserzionisti pubblicitari un maggior numero di informazioni per le proprie ricerche di mercato su un segmento, quello dei giovani, molto importante per il mondo del business. Maria Rita Munizzi, presidente del Movimento Italiano Genitori (Moige), annuncia: «Siamo pronti a denunciare Facebook al Garante della Privacy». Fanno bene, ma la questione non è solo legata alla privacy o al mercato. Questa è la punta di un iceberg ben più grande e complesso. Negli ultimi dieci anni la Rete ha connesso le persone di tutto il mondo in modo sempre più stretto. Producendo un numero sempre più alto di foto, video e pensieri personali che possono essere rubati e venduti. Da singole persone (più o meno malintenzionate) come da società (più o meno corrette).
Tra chi usa i cosiddetti «mezzi digitali», c’è una netta spaccatura: gli over 35 lo fanno coi computer, i giovani coi telefonini. Secondo la ricerca Net Children Go Mobile, finanziato dal Safer Internet Programme della Commissione Europea, «il 53% dei ragazzi europei tra i 9 e i 16 anni possiede uno smartphone e il 48% lo usa ogni giorno per andare online e nel 39% dei casi chiuso nella propria cameretta». Allo studio ha partecipato il Centro di ricerca sui Media e la Comunicazione dell’Università Cattolica di Milano. «In Italia l’81% dei ragazzi di 9-16 anni usa Internet tutti i giorni – ha spiegato Giovanna Mascheroni – mentre solo l’8% vi accede quotidianamente da scuola». Fra i nostri adolescenti, invece, l’uso dei social network è superiore a quello dei coetanei inglesi e romeni, e di poco inferiore a quello dei ragazzi danesi.
La possibilità di connettersi col mondo è indubbiamente affascinante, ma nasconde anche molte insidie. I ragazzi digitali, convinti di non avere nulla da nascondere, pubblicano spesso pensieri, foto e video anche potenzialmente imbarazzanti. E siccome non c’è limite al peggio, sta diventando sempre più di moda tra i ragazzi Snapchat, un servizio di messaggistica dove gli utenti si scambiano foto, molto spesso a sfondo sessuale. Secondo un’indagine di Telefono Azzurro ed Eurispes, anche in Italia «un ragazzo su dieci (10,2%) ha ricevuto messaggi o video a sfondo sessuale con il cellulare, mentre il 6,7% ne ha inviati ad amici, fidanzati, adulti, o altre persone, anche sconosciute».
Come vedete, la questione va ben oltre il divieto di Facebook. La cosiddetta società digitale amplifica tutto. E può trasformare i più giovani in consumatori da spremere sempre di più, in soggetti ricattabili ma anche in potenziali cyberbulli e volgari esibizionisti. L’allarme, quindi, c’è ma, prima che di privacy, è sicuramente educativo.