venerdì 4 ottobre 2013
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Ho sfiorato Papa Francesco a Lampedusa, dopo la Messa per isolani e migranti. Il tempo di scambiare due parole e farmi contagiare dal suo sorriso. Mi ha lasciato una sensazione di leggerezza, benessere e familiarità. Come un tuffo rigenerante che, in un istante, porta via tensioni, ansie, preoccupazioni. «C’è speranza», ho sentito istintivamente. Già il nome che aveva scelto era un gran bel segno. E poi quel suo primo «Buonasera». Quindi una serie di gesti e messaggi: semplici, ma estremamente significativi. Se è vero che per due punti passa una ed una sola retta, dato che papa Francesco di punti ne ha allineati ben più di due, la retta tracciata è chiarissima. E, almeno per la mia personale sensibilità, affascinante. E poi la lettera a Scalfari, con lo straordinario richiamo al primato della coscienza. Quindi le interviste in cui ha tratteggiato  il ritratto di una Chiesa «povera», «ospedale da campo dopo la battaglia», per curare le ferite con misericordia. Parole chiare e inequivocabili, come lo sono sempre state anche le parole di quel grande Francesco del quale il Papa ha adottato molto più del nome. È come se, per tanto tempo, avessimo guardato nella direzione sbagliata. Un amico passava, ci ha visti e, con la disarmante semplicità della verità, ci ha invitati a girarci e tutto è apparso subito più chiaro. Non credo sia una sensazione solo mia, ma l’avvento di papa Francesco ci ha resi più sereni riguardo al presente e più fiduciosi nel futuro. E non è poco in tempi come questi.Per molti e anche per me, la figura di Francesco d’Assisi è, dopo quella di Gesù, la più affascinante della cristianità. Ricordo l’emozione, molti anni fa, quando fui scelto per interpretare Dolce sentire e i brani della colonna sonora di Fratello Sole, Sorella Luna, il film ispirato alla vita del Santo, che valse a Franco Zeffirelli il David di Donatello del ’72. Essere la voce cantante di san Francesco è stato un grandissimo privilegio. Qualche tempo dopo, forse ancora per la suggestione suscitata dal film, andai ad Assisi per visitare i luoghi di Francesco. L’impressione più forte venne dalla Porziuncola: una minuscola chiesetta – pochi metri quadri – tra le prime riparate da san Francesco. Quello che mi colpì non fu tanto lei, quanto la Basilica che le era stata costruita intorno. Un volume gigantesco che, edificato per proteggere il più piccolo, aveva finito col sovrastarlo, soffocandolo e nascondendolo agli occhi del mondo. Il contrasto tra la Basilica e la chiesetta mi sembrò la sintesi drammatica del rapporto tra la Chiesa-potere e la Chiesa-missione e povertà della quale parlava quel Francesco. La stessa di cui parla anche questo Francesco. Forse mi sbaglio, ma ho l’impressione che l’amico del quale parlavo ci inviti a spostare lo sguardo dalla Basilica alla chiesetta, per non perdere mai di vista l’essenza autentica del messaggio cristiano: l’amore quotidiano. Ai molti laudato si’ del Cantico delle Creature viene, quindi, voglia di aggiungerne uno per fratello Francesco, venuto dalla fine del mondo forse perché il mondo ritrovi un fine. Quello di non smettere mai d’imparare a vivere Sorella Vita.
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