Tredici milioni di donne schiaffeggiate, afferrate per i capelli, ferite, colpite in un solo anno. Quasi quattro milioni abusate sessualmente.
Un terzo della popolazione femminile vittima di violenza, almeno una volta, nella vita. Oltre la metà sottoposta a insulti, umiliazioni, vessazioni. C’è un’Europa indifferente ai diritti e alla dignità al genere femminile. Troppo facile arrendersi al sillogismo nato a Colonia lo scorso Capodanno: le violenze di quella notte sono state compiute da stranieri, tutte le violenze vengono compiute da stranieri. Eppure il dibattito mai s’è fatto più pressante, sui giornali e in tv, come in quei giorni. Per poi scomparire. La verità fin troppo evidente è che c’è violenza sulle donne tutti i giorni, dappertutto. Non solo c’è stata a Colonia, non solo c’è oggi perché è l’8 marzo. I numeri parlano chiaro: a fronte di una diminuzione dei reati contro la persona, negli ultimi 5 anni il fenomeno è andato aumentando i tutti i Paesi dell’Unione Europea: +3,8% dal 2008, con un’impennata del 6% tra il 2012 e il 2013 (dati Eurostat). Drammatiche, in particolare, le percentuali che riguardano gli stupri: +16%. Ci sono ricerche, come quella effettuata dall’Università di Monaco, secondo cui tanta aggressività dipenderebbe dall’aumento della disoccupazione: frustrazione e mancanza di relazioni sociali, ecco che gli uomini diventano belve. Ma queste belve sono soprattutto fidanzati e mariti: le statistiche dell’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali dicono che nel 22% dei casi le donne hanno subito violenze proprio da loro. Nel caso delle violenze psicologiche – insulti, umiliazioni – la percentuale sale a 32%: riguarda una donna su tre. L’Italia, per una volta, non è maglia nera. Paesi insospettabili come la Danimarca, la Finlandia, la Svezia, la Francia e la stessa Germania ci superano nei grafici realizzati a Bruxelles, attestandosi su numeri impressionanti: fino al 45% delle donne vittime di violenze fisiche o sessuali almeno una volta dai 15 anni di età. Noi ci “fermiamo” al 27%, che comunque è un numero enorme: sarebbero stati 22.864 gli episodi di violenza sessuale consumati complessivamente tra il 2010 e il 2015 (dati Demoskopika), in media circa 15 casi al giorno con vittime principalmente le donne di nazionalità italiana (68%). E in 6mila casi si tratterebbe di minorenni. La denuncia resta ancora il nodo da sciogliere. Proprio nei giorni scorsi a Milano, dove è attivo presso il Pronto soccorso ostetrico-ginecologico della clinica Mangiagalli il Soccorso violenza sessuale e domestica (Svsed), sono stati riportati risultati incoraggianti: in quasi il 90% dei casi di denuncia si è arrivati alla condanna dell’aggressore. «I dati devono anche rassicurare – ha spiegato la responsabile dello Svsed, Alessandra Kustermann –. Vorrei che le donne non avessero paura di chiedere aiuto, di seguire un percorso per uscire dalla spirale della violenza e per salvare anche i figli». Lo fanno le oltre 16mila che anche quest’anno si sono rivolte ai centri anti violenza che fanno capo a D.i.Re. (Donne in rete contro la violenza): «È un numero costante – spiega il presidente, Titti Carrano –. Questo significa che il fenomeno della violenza di genere è strutturale all’interno della società e non è una questione d’emergenze come a volte viene rappresentato o percepito». Ma mancano interventi legislativi mirati, politiche a lungo termine e soprattutto manca un cambio di rotta nella cultura del rispetto della donna. Che – associazioni e operatori del settore non hanno dubbi – dovrebbe iniziare a scuola.