
25 marzo 1995: san Giovanni Paolo II firma l'enciclica "Evangelium vitae"
Il 25 marzo 1995, trent’anni fa, san Giovanni Paolo II firmava l’enciclica Evangelium vitae sul valore e l’inviolabilità della vita umana. Un giorno non scelto a caso: il 25 marzo la Chiesa celebra l’Annunciazione del Signore, il giorno nel quale il Figlio di Dio si è fatto carne nel grembo di Maria e così si è unito, in qualche modo, a ogni uomo e a ogni donna. Monsignor Elio Sgreccia, il grande bioeticista, racconta come nel 1990 il Santo Padre aveva letto in un saggio, da poco pubblicato, che l’aborto stava diventando parte dell’agenda politica internazionale e che la sua legalizzazione veniva imposta ai Paesi poveri come prezzo per ottenere aiuti internazionali. Da qui prese forza nel cuore del Papa l’esigenza di riannunciare il Vangelo della vita, lui che nella sua enciclica programmatica Redemptor hominis aveva indicato nell’uomo la via della Chiesa e aveva dimostrato nelle encicliche sociali il suo coinvolgimento nei problemi, nei sogni, nelle speranze dell’uomo del nostro tempo.
Evangelium vitae sarebbe stata una voce profetica per il tema della vita come lo era stata Rerum novarum di Leone XIII per la giustizia sociale nel secolo precedente. Evangelium vitae, nata dall’intuizione del Papa, divenne il frutto di un lavoro corale. Dopo studi e consultazioni interne, Giovanni Paolo II decise di convocare un Concistoro straordinario per l’aprile 1991. Durante l’incontro, testimoni degli innumerevoli attentati alla vita perpetrati nel mondo, i cardinali chiesero al Papa di riaffermare con la sua autorità il valore della vita umana. Nella Pentecoste 1991 il Papa inviò a tutti i vescovi «nello spirito della collegialità episcopale» ( Ev 5) un primo progetto dell’enciclica e i vescovi risposero con suggerimenti e informazioni che si rivelarono preziosi.
Evangelium vitae è molto più di una enciclica sulla bioetica. È una buona notizia, un vangelo sulla vita, secondo la promessa di Gesù : «Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» ( Gv 10, 10). La pienezza di vita alla quale siamo destinati illumina la vita umana già nella sua avventura terrena ed è il principio generatore di tutta l’enciclica. Il testo si articola in quattro capitoli dai titoli evocativi. Il primo – La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo – si apre con la scena sconvolgente del primo fratricidio e collega quell’antica violenza alle attuali minacce contro la vita umana. La domanda del Signore a Caino risuona anche per gli uomini del nostro tempo: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!» ( Gn 4, 10). «L’annuncio del Vangelo della vita – scrive il Santo Padre – si fa particolarmente urgente per l'impressionante moltiplicarsi e acutizzarsi delle minacce alla vita delle persone e dei popoli, soprattutto quando essa è debole e indifesa. Alle antiche dolorose piaghe della miseria, della fame, delle malattie endemiche, della violenza e delle guerre, se ne aggiungono altre, dalle modalità inedite e dalle dimensioni inquietanti » ( Ev 3). Dall’aborto all’eutanasia, passando per le più diverse forme di manipolazione della vita umana, si assiste a una sorta di «congiura contro la vita» ( Ev 18) e a «minacce programmate in maniera scientifica e sistematica» ( Ev 17), espressioni di una vera cultura di morte. L’enciclica individua le ragioni intime di questa situazione drammatica in un’idea perversa di libertà per la quale ogni valore diventa negoziabile, anche la vita umana, e ancora più profondamente nella relazione tra l’eclissi del senso di Dio e l’eclissi dell’uomo.

La storia, però, non conosce solo il sangue di Abele: essa conosce anche il sangue di Cristo, «dalla voce più eloquente di quello di Abele » ( Eb 12, 24). È il sangue che redime e dà il coraggio di spendersi a favore della vita nella certezza che la vita, alla fine, vince. L’enciclica getta uno sguardo di speranza sul mondo e mette in evidenza i tanti segni che sono come le primizie della vittoria della cultura della vita: la generosità di famiglie e di volontari nell’accogliere e servire le vite più fragili, gli sforzi della medicina per trovare rimedi sempre più efficaci e delle organizzazioni internazionali per aiutare le popolazioni più colpite dalle malattie e dalla miseria, una nuova sensibilità contro la guerra pensata come strumento di risoluzione dei conflitti, la sempre più diffusa avversione dell’opinione pubblica alla pena di morte, l’attenzione per la qualità della vita sul pianeta e l’ecologia. Siamo in mezzo al conflitto tra la cultura della morte e la cultura della vita e noi cristiani dobbiamo fare una scelta decisa per la vita.
Il secondo capitolo – Sono venuto perché abbiano la vita – è dedicato al messaggio biblico sulla vita e ci invita a tenere fisso lo sguardo su Gesù perché solo in Lui possiamo comprendere il valore della vita fisica e spirituale dell’uomo. La vita umana è sempre un bene, anche quando è fragile, precaria e minacciata, perché la persona umana mantiene sempre il suo valore e la sua dignità anche nelle situazioni più difficili. Questa dialettica tra vulnerabilità e valore ha attraversato la stessa esistenza di Gesù fino alla Croce. «Davvero grande è il valore della vita umana se il Figlio di Dio l’ha assunta e l’ha resa luogo nel quale la salvezza si attua per l’intera umanità» ( Ev 33). La dignità e il valore della vita si fondano sull’atto creativo di Dio che imprime in ogni uomo e in ogni donna la sua stessa immagine e con essa la capacità di conoscere e amare il suo Creatore. Queste persuasioni fondano l’ethos, cioè, prima ancora che le scelte concrete, l’atteggiamento dell’uomo verso la vita. «Difendere e promuovere, venerare e amare la vita è un compito che Dio affida a ogni uomo, chiamandolo, come sua palpitante immagine, a partecipare alla signoria che Egli ha sul mondo» ( Ev 42). Si tratta di una signoria ispirata a sapienza e amore, una signoria veramente evangelica che non è dominio, ma servizio e responsabilità. Tale signoria si attua come responsabilità verso l’ambiente e i viventi che l’uomo può usare per la sua vita, ma dei quali non può abusare. Essa riguarda anche la vita umana ed «è responsabilità che tocca il suo vertice nella donazione della vita mediante la generazione da parte dell'uomo e della donna» ( Ev 43), ma «il compito di accogliere e servire la vita riguarda tutti e deve manifestarsi soprattutto verso la vita nelle condizioni di maggiore debolezza» ( Ev 43).
Il terzo capitolo – La Legge santa di Dio – è centrato sul rapporto fra il vangelo della vita e il comandamento “non uccidere”. «Il comandamento di Dio non è mai separato dal suo amore: è sempre un dono per la crescita dell’uomo» ( Ev 52). Il Signore dona all’uomo una vita così diversa da quella delle altre creature, una vita pensata per un dialogo d’amore con il suo Signore e, proprio per questa singolare preziosità della vita umana «Dio esige dall’uomo che la ami, la rispetti e la promuova» ( Ev 52). Dalla relazione speciale di ogni esistenza umana con il suo Creatore discende l’idea di sacralità della vita e, in questa prospettiva, l’inviolabilità della vita rimanda a Dio stesso, garante e difensore di ogni vita umana. Il comando non uccidere tocca problemi controversi. Dal Catechismo della Chiesa cattolica – uscito in edizione provvisoria nel 1992 – si riprende il tema della legittima difesa, ma Evangelium vitae spiega che la pena di morte può essere giustificata soltanto se non ci sono altri mezzi per conseguire la difesa dei cittadini, casi ai nostri giorni rari o inesistenti. La precisazione di Evangelium vitae è stata ripresa integralmente dall’edizione definitiva in lingua latina del Catechismo nel 1997 e ha aperto la strada alla sua modifica voluta da papa Francesco che, nel 2018, ha dichiarato inammissibile la pena di morte in quanto contraria alla dignità della persona e non necessaria per la difesa dei cittadini.
Giunto nel cuore dell’enciclica, Giovanni Paolo II riafferma la persuasione di sempre della Chiesa: l’omicidio volontario, l’aborto e l’eutanasia sono gravi trasgressioni morali. Ciascuna condanna è orchestrata in un contesto articolato e denso di riflessioni. Si apre, poi, proprio a proposito di aborto e di eutanasia, la spinosa questione del rapporto tra legge civile e legge morale. Nel nostro tempo si tende a risolvere questo rapporto in senso relativista, negando l’esistenza di valori condivisi e irrinunciabili radicati nella realtà stessa dell’uomo – la cosiddetta legge naturale – che dovrebbero essere il punto riferimento di ogni legislazione. Grande interesse pratico hanno le indicazioni sul ruolo del politico cattolico rispetto alle questioni eticamente calde e degli operatori sanitari che si trovino in Paesi che hanno legalizzato aborto ed eutanasia per i quali si chiede l’obiezione di coscienza. Il capitolo si chiude ricordandoci che il non uccidere stabilisce un limite che non può essere trasgredito, ma il valore della vita ci chiede molto di più, ci chiede di essere promosso e sviluppato.
Il punto d‘arrivo dell’enciclica è il quarto capitolo: L’avete fatto a me. Per una nuova cultura della vita umana. La Chiesa ha ricevuto il Vangelo come annuncio e fonte di gioia e di salvezza, e parte integrante è il Vangelo della vita. Tutti i cristiani, rinati in Cristo per una vita nuova, sono inviati nel mondo come popolo della vita e per la vita. Le forme che può assumere questo annuncio sono molteplici: dai più piccoli gesti quotidiani ai gesti eroici, da catechesi e azione educativa al servizio quotidiano dei piccoli e dei poveri, di quelle nude esistenze che papa Francesco dice vittime della cultura dello scarto, da medici e operatori sanitari, custodi e servitori della vita, a volontari, animatori sociali, politici. Per invertire la rotta della società, avvelenata dalla cultura di morte, sarà necessaria un’opera di formazione delle coscienze, non imponendo norme ma trasmettendo valori, e il valore della persona umana prima di tutto, e così tessere il nesso delicato tra libertà, verità e vita.
Occorrono – e trent’anni dopo, forse, con ancora più grande urgenza – una mobilitazione delle coscienze e un impegno deciso per raccogliere l’appello del Papa: «A tutti i membri della Chiesa, popolo della vita e per la vita, rivolgo il più pressante invito perché, insieme, possiamo dare a questo nostro mondo nuovi segni di speranza, operando affinché crescano giustizia e solidarietà e si affermi una nuova cultura della vita umana, per l'edificazione di un'autentica civiltà della verità e dell'amore» ( Ev 6).
Ofm, ordinario di Bioetica Pontificia Accademia Alfonsiana
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