undefined - Agenzia Romano Siciliani
Cosa “può” scrivere un prete su Facebook? Che foto “può” pubblicare? A cosa “può” cliccare “mi piace” o quali “status” degli amici può condividere? In cinque anni di Tutorial questa domanda e molte altre simili sono arrivate alle caselle di posta di WeCa. Per Facebook un prete è un utente come gli altri. Ma un sacerdote non solo è tenuto a un comportamento consono alla sua vocazione, ma può trovarsi a ricoprire, in questo ambiente digitale, un ruolo prezioso di testimonianza, prossimità e ascolto, che merita per questo di essere sottolineato. Che cosa pubblicare?
Cinque consigli utili. Primo: non pubblicare solo cose da preti, ma scrivi di tutto ricordandoti che sei un prete. Le persone su Facebook condividono notizie relative alla loro vita o ai fatti del mondo, offrono il proprio parere sulle grandi questioni, pubblicano fotografie di momenti felici, animali domestici o passioni sportive. Attraverso questa vasta attività, ciascuno, anche senza accorgersene, va a costruire un grande racconto di sé, assemblando un’identità digitale con cui gli altri si andranno ad interfacciare. È giusto che il sacerdote lo faccia mescolando contenuti “alti” a contenuti più quotidiani, dalla foto della pizza mangiata con il gruppo delle famiglie, a uno scorcio di un paesaggio di montagna fino alla gioia per la vittoria della Nazionale.
Secondo: non scrivere (solo) omelie, ma racconta la tua fede vissuta. Attenzione. Non stiamo dicendo che sia sbagliato pubblicare la domenica, dopo la messa, la traccia della propria omelia su Facebook. Ma spesso ci dimentichiamo quanto sia diverso il registro linguistico di un’omelia pronunciata dall’ambone dalle liturgie – di tutt’altro tipo – che viviamo su Facebook. Se l’omelia – giustamente – parte dal Vangelo e dal significato del rito della messa, su Facebook rendono meglio contenuti che partano dalla testimonianza e dalle esperienze vissute.
Terzo: mai chiacchierare, scrivi piuttosto belle notizie. Su Facebook abbonda il gossip. Un religioso, invece, su questo social media può essere l’araldo di buone notizie, e non solo della Buona Notizia per eccellenza, il Vangelo, ma anche delle belle, piccole e semplici notizie che avvengono ogni giorno in una comunità.
Quarto: non fare polemiche, parla dei problemi offrendo soluzioni e chiavi di lettura cristiane; su Facebook in tanti si danno appuntamento per lamentarsi, malignare, sfogarsi. È facile e consolatorio, ma non si fa altro che perpetuare il ciclo di insoddisfazione e di rabbia. Un prete, su Facebook, non può certo ignorare i problemi e le criticità del mondo che lo circonda, fingendo che tutto vada sempre bene. Ma può usare la sua prospettiva cristiana – a partire anche dalla Dottrina sociale della Chiesa – per offrire soluzioni e chiavi di lettura con cui affrontare i problemi.
Infine, non limitarti a scrivere, ascolta e rispondi. Spesso ci dimentichiamo che Facebook è prima di tutto un luogo – digitale ma reale – dove ascoltare gli altri, pur nelle esagerazioni, negli errori, nelle storture del tempo che ci è dato di vivere. Un prete in ascolto della sua comunità anche tramite Facebook può comunque intervenire quando opportuno. E anche in questo caso, è lo stile che fa la differenza.
(da Lazio Sette del 26 marzo 2023)