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Il tema della Giornata mondiale per la Pace, l’1 gennaio prossimo - “Intelligenza Artificiale e pace” - mette al centro della riflessione i progressi più recenti delle tecnologie digitali, e inserisce la Chiesa in un ruolo di primo piano nel dibattito in corso, di grande rilievo per il futuro dell’umanità. Le domande che il Messaggio pone all’attenzione di tutti sono le domande ineludibili di fronte a tecnologie complesse e potenti, in grado di svolgere funzioni sofisticate e di trasformare la realtà che ci circonda: “Quali saranno le conseguenze, a medio e a lungo termine, delle nuove tecnologie digitali? E quale impatto avranno sulla vita degli individui e della società, sulla stabilità internazionale e sulla pace?”.
Il Messaggio ha un approccio realistico, consapevole delle potenzialità positive dell’Intelligenza Artificiale, come anche dei problemi da affrontare perché l’I.A. sia messa “al servizio dello sviluppo integrale dell’uomo e della comunità”. Le questioni in gioco non sono primariamente legate agli aspetti tecnici, perché le soluzioni tecnologiche, “hanno sempre una dimensione etica, strettamente legata alle decisioni di chi progetta la sperimentazione e indirizza la produzione verso particolari obiettivi”. Il loro impatto “dipende dagli interessi di chi le possiede e di chi le sviluppa, nonché dalle situazioni in cui vengono impiegate”.
Le sfide che l’I.A. pone sono quindi non solo tecniche, ma anche antropologiche, educative, sociali e politiche. Se l’innovazione tecnologica non va contrastata a priori, per quanto di bene può fare, tuttavia “non possiamo presumere a priori che il suo sviluppo apporti un contributo benefico al futuro dell’umanità e alla pace tra i popoli”. Il Messaggio richiama perciò alla responsabilità e al rispetto dei valori umani fondamentali. Con molta concretezza, il Papa indica alcuni problemi etici conseguenti all’affidarsi a processi automatici, in cui solo un’adeguata supervisione umana e una opportuna regolamentazione possono garantire che i risultati non generino discriminazioni o producano danni all’esistenza umana e promuovano invece lo sviluppo umano integrale.
Il Messaggio propone un punto di vista antropologico, che si oppone alla mentalità tecnocratica, richiamando il senso del limite. Troppo spesso accade che i criteri di giudizio prevalenti esprimano una mentalità efficientista e una concezione puramente funzionale della realtà e dello stesso essere umano, trascurando “questioni più profonde riguardanti il significato dell’esistenza umana, la tutela dei diritti umani fondamentali, il perseguimento della giustizia e della pace”. Pertanto “il processo di discernimento etico e giuridico può rivelarsi un’occasione preziosa per una riflessione condivisa sul ruolo che la tecnologia dovrebbe avere nella nostra vita individuale e comunitaria e su come il suo utilizzo possa contribuire alla creazione di un mondo più equo e umano”.