Per i pensionati Inps è in pagamento da ieri il nuovo assegno 2012. Contiene l'adeguamento al costo della vita, stabilito dall'Istat a titolo provvisorio nel 2,6%. Il nuovo importo della pensione minima sale a 481 euro (con un aumento sul 2011 di 24 euro), la vecchia pensione sociale aumenta a 353,87 euro, l'assegno sociale a 429,41 euro. Nessun adeguamento oltre l'importo di 1.405 euro.
Riscuotono secondo il calendario Inps anche i pensionati dell'ex Ipost (trasferito all'Inps in un Fondo speciale), prima abituati a riscuotere l'assegno il giorno 20 del mese. Una nota dell'ex Inpdap (soppresso col decreto salva Italia e fuso con l'Inps) avverte i suoi pensionati che, in attesa della definizione delle modalità di passaggio all'Inps delle funzioni relative alla previdenza dei dipendenti pubblici, le prestazioni fino ad oggi garantite dall'Inpdap non subiscono alcuna interruzione. Gli utenti, pertanto, devono continuare a far riferimento alle sedi Inpdap. I pensionati dell'ente continuano a riscuotere la rata mensile a partire dal giorno 16. Si prevede che dal prossimo mese di marzo anche i pensionati del pubblico impiego dovranno seguire il calendario di pagamento Inps, cioè il primo giorno lavorativo del mese.
Il veto della Corte. Già in passato, i Governi in carica scelsero di far cassa veloce sospendendo l'adeguamento annuale delle pensioni o limitandolo ad alcune fasce di importo. È accaduto nel 1998 (stop sulle pensioni superiori a 5 volte il minimo) e nel 2008 (stop integrale alle pensioni oltre 8 volte il minimo).
Il maggiore difetto di questi provvedimenti sta nel fatto che la perdita economica subita dai pensionati, sebbene prevista per un singolo anno pensionistico, si traduce in realtà in un taglio effettivo della pensione, una vera tassa sul patrimonio, che dura per tutta la vita del titolare. Infatti, terminato l'anno di blocco, l'adeguamento al costo della vita riparte (quando riparte) da un importo più basso di quello spettante all'origine. Ed è così che la Corte costituzionale ha ritenuto doveroso intervenire con la sentenza n. 316 del 3 novembre 2010. La Corte ha ammonito il legislatore a non ricorrere ad ulteriori blocchi degli adeguamenti annuali: «La sospensione a tempo indeterminato del meccanismo di perequazione – come la frequente reiterazione di misure intese a paralizzarlo – esporrebbero il sistema ad evidenti tensioni con gli invalicabili principi di ragionevolezza e proporzionalità, perché le pensioni, sia pure di maggiore consistenza, potrebbero non essere sufficientemente difese in relazione ai mutamenti del potere di acquisto della moneta».
Il Governo Monti ha deciso invece di far prevalere l'aspetto economico su quello giuridico. Con un inconveniente: la minore spesa sulla previdenza viene parzialmente annullata dal mancato maggiore introito del fisco, tra relativi scaglioni Irpef e addizionali varie (la regionale aumenta fino all'1,28%), sulle pensioni ora ferme al palo.
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