Nel giugno del 1954 la zia Mame è partita con il pronipotino Michael, di anni sette, per un viaggio di vacanza e di istruzione. Sarebbero tornati in settembre, per la riapertura delle scuole. Invece sono passati due anni e mezzo e i due non sono ancora ricomparsi. I genitori di Michael, Patrick e Pegeen, sono comprensibilmente preoccupati, anzi, propriamente allarmati, perché da quattro mesi non ricevono notizie di zia e figlio, neppure una di quelle cartoline che di tanto in tanto erano giunte dai posti più impensati del globo. E siamo a Natale. A dire il vero Patrick non dovrebbe essere eccessivamente in pensiero, perché zia Mame la conosce bene: è lei che l'ha allevato, e proprio con lei Patrick aveva fatto un viaggio intorno al mondo analogo a quello che probabilmente stava divertendo suo figlio. Ma Pegeen è mamma e non può accontentarsi di generiche rassicurazioni. A proposito: com'è stato il viaggio di Patrick adolescente con la scatenatissima zia, «la nona vedova più ricca di New York»? Patrick non ha il coraggio di raccontare i dettagli alla moglie, ma li rivela ai lettori negli otto capitoli di Intorno al mondo con zia Mame, di Patrick Dennis, tradotto da Mariagrazia Gini (Adelphi, pp. 352, euro 19,50). È un romanzo (meglio, un collage di racconti) ambientato alla fine degli Anni Trenta. Atmosfere scintillanti, gioielli, bei vestiti, molto champagne, molto gin, moltissimi soldi, automobili, chauffeur giapponese, lussuosi alberghi, costosissimi arredi prevalentemente Kitsch (ma c'è anche un ritratto del Bronzino), insomma, come se Feydeau e Labische, nonostante la differenza anagrafica, avessero scritto la sceneggiatura di un film hollywoodiano tipo Roberta (1935), con Fred Astaire e Ginger Rogers svolazzanti mentre Irene Dunne canta Smoke gets in your eyes. Ambientazioni che i giovani, forse, non afferrano, e del resto i giovani non frequentano certi film e leggono meno ancora.
Questa zia Mame, svampita ma non troppo, simpaticissima e con grandi disponibilità di denaro che impiega anche a fin di bene, coinvolge il giovanissimo Patrick in una quantità di avventure strampalatissime, destreggiandosi fra i pretendenti e i profittatori, spalleggiata separatamente dalle sue amiche Vera e Bella, svaporate quasi quanto lei. Proprio come nelle pochades e nei vaudeville di una volta, anche le situazioni boccaccesche o scabrose dei racconti si fermano un attimo prima dell'irreparabile, e il tono è sempre elegante come nelle barzellette un po' spinte ma accessibili anche alle signore. Perfino quando zia Mame ha dovuto sostituire Vera, che è una star un po' in disarmo, in una comparsata alle Folies Bergère, non si cade nella volgarità.
Il fatto è che, in fondo, zia Mame ha un buonsenso assai affine alla moralità, come appunto testimonia Patrick adulto per tranquillizzare la moglie Pegeen: «Dai dieci anni in poi mi ha cresciuto zia Mame, finché l'ho scampata, cioè ho conosciuto te. Mi trovi così strano? Non mi faccio la doccia tutti i giorni? Non ho una buona posizione in un'azienda seria? Ti sembra che io nasconda in cantina la collezione di frustini e stivali? Non pago regolarmente le tasse, non torno a casa ogni sera col treno delle sei e zero tre? Ti dirò: ogni tanto non mi dispiacerebbe essere un po' più originale, un po' meno barboso». Insomma, l'educazione disinibita di zia Mame può addirittura forgiare un borghese benpensante, magari come avverrà per il piccolo Michael che, naturalmente, nelle ultime pagine ricompare con la zia in ripartenza, per sigillare il lieto fine.
Patrick Dennis è uno degli pseudonimi di Edward Everett Tanner III, pittoresco personaggio arbasineggiante, morto a 55 anni nel 1976, che amava firmare anche con nomi femminili. Non aggiungo altro, e chi può o vuole capire, ha già capito.
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