Attraverso le vicende degli adattamenti in musica della Missa pro defunctis è possibile seguire le principali tappe che hanno via via contrassegnato il percorso evolutivo del repertorio sacro tout court; ripercorrendo i diversi passaggi che, nell'assecondare i mutamenti dell'apparato liturgico o la nascita di nuove forme compositive, hanno progressivamente disvelato le trasformazioni secolari occorse nella percezione estetica e nella sensibilità spirituale.
Di fronte al mistero del compimento ultimo dell'esistenza terrena, l'uomo vive da sempre il rito delle esequie dei defunti come uno dei momenti più intensi e ricchi di significato religioso, in cui il rapporto con il divino acquista una prossimità stringente e dolorosa; un'urgenza di significato che, dalle antiche intonazioni monodiche fino ai grandiosi affreschi sinfonico/corali concepiti tra Sette e Ottocento - si pensi ai capolavori di Mozart, Cherubini, Berlioz, Verdi, Brahms o Fauré - ha rappresentato un ambito espressivo privilegiato lungo tutto il corso della storia della musica.
Con rigore e passione, di studioso e di interprete, il direttore inglese Edward Wickham ha guidato l'ensemble The Clerk's Group nell'esecuzione di due tra le prime versioni polifoniche del Requiem ad opera di altrettanti illustri esponenti della celebre scuola fiamminga (cd pubblicato da ASV e distribuito da Sound and Music). E mentre la Missa pro fidelibus defunctis di Pierre de La Rue (1460 ca.-1518) - già attivo presso le corti di Margherita d'Austria e dell'imperatore Carlo V - si dimostra ancora profondamente debitrice verso il severo e austero disegno melodico impostato sul cantus firmus gregoriano, più "spregiudicato" e innovativo risulta il Requiem di Antoine Brumel (1460 ca.-1520), qui registrato per la prima volta nella sua versione integrale, comprendente il primo adattamento a più voci del Dies irae (la celebre "sequenza" attribuita a Tommaso da Celano); dove l'invocazione all'«eterno riposo» passa attraverso un linguaggio maggiormente fiorito ed elaborato, in virtù del quale lo stesso Brumel venne indicato nelle cronache del tempo come uno dei principali artefici di un inedito stile musicale, «che tende a incantare il Paradiso con melodie dolci, amabili, piene di meraviglia e devozione».
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