Con l'aria che tira di questi tempi, più euro-ostili che euroscettici, le maggiori speranze di salvare il futuro dell'Unione sono affidate ai giovani. Forse perché per loro l'Europa è un po' come internet per i "millennials": qualcosa di connaturato, quasi scontato. E pertanto di irrinunciabile. Basti pensare a Erasmus, che ormai fa parte delle opzioni formative ordinarie in tutte le scuole dei Paesi membri. Ecco perché ogni iniziativa, comunitaria o nazionale, che va nel senso di rafforzare questa innata propensione alla comune appartenenza continentale va salutata con il massimo favore.
Ecco un paio di casi esemplari. Il più recente è l'approvazione, avvenuta la scorsa settimana presso la Commissione Cultura dell'Europarlamento, di un rapporto che punta a rafforzare e a precisare il ruolo del Corpo europeo di solidarietà. Questo nuovo servizio, di per sé già meritorio, è stato creato dall'esecutivo di Bruxelles l'anno scorso e, tra le altre cose, ha subito visto impegnati, a partire dalla metà di agosto, diverse decine di giovani di sei nazioni nell'aiuto alle zone terremotate dell'Italia centrale.
Chi vuole aderire al Corpo deve avere tra i 17 e i 30 anni (ma per andare "sul terreno" deve arrivare a 18), dando disponibilità a operare per un massimo di dodici mesi in progetti che vanno dall'assistenza ai disabili alla prevenzione e gestione delle catastrofi, dall'accoglienza ai rifugiati alla tutela dell'ambiente, dall'istruzione alla salute. I piani di intervento possono essere proposti da soggetti pubblici, privati e Ong. Al momento l'ingresso è consentito sia a chi vuole svolgere volontariato vero e proprio sia a chi cerca un'occupazione, temporanea ma retribuita, negli stessi ambiti.
Questo è in effetti il nodo principale che l'Europarlamento dovrà sciogliere e che il rapporto appena approvato individua: se il principio cardine del servizio è quello del solidarismo, del rafforzamento dei legami tra individui e popoli dei "27", per dar vita a una vera cittadinanza sociale europea, sarebbe opportuno riservare l'adesione al solo volontariato non profit. Il tutto confidando sull'entusiasmo e l'innato spirito solidale delle giovani generazioni. Si vedrà nelle prossime settimane se l'intera Assemblea di Strasburgo condividerà questa impostazione e se gli Stati membri accetteranno di mettere sul piatto risorse adeguate per i circa 100mila soggetti interessati nel prossimo biennio.
Il secondo esempio, forse di minor spessore ma di portata simbolica non certo trascurabile, risale a un mese fa, quando Parlamento, Consiglio e Commissione hanno raggiunto l'accordo per rifinanziare almeno fino al 2020 l'Orchestra europea dei Giovani. Sotto la sigla Euyo (European Youth Orchestra), voluta 41 anni fa da Claudio Abbado e Lionel Bryar, 160 giovani musicisti di ogni Paese, selezionati anno per anno tra circa 4mila candidati, danno vita a un'intensa attività concertistica e partecipano a tutti i principali festival del mondo, sotto l'unica bandiera a dodici stelle.
Dall'originaria sede londinese in via di abbandono causa Brexit, il sodalizio approderà a Ferrara per una scelta che qualcuno ha considerato un "contentino" all'Italia, dopo la sconfitta subita da Milano nella corsa all'Agenzia del farmaco. In realtà, il capoluogo estense è la città natale di Abbado. A lui è intitolato il teatro dove l'Orchestra aprirà il mese prossimo la stagione 2018. Sede a parte, il nostro Paese si è molto battuto per evitarne lo scioglimento e l'asfissia economica. Allo stesso modo, quello italiano è stato il solo governo a perorare un significativo finanziamento del Corpo europeo di solidarietà, nella linea prima raccontata. In entrambi i casi, onore al merito, è stata l'europarlamentare italiana Silvia Costa a tirare la volata, in nome di un europeismo dei fatti che va oltre le chiacchiere. E che fa giustizia anche delle inopinate profezie malauguranti di Monsieur Juncker.
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