giovedì 14 luglio 2011
Nulla è più affascinante della lettura di uno spesso volume di Pagine Gialle, e questa affermazione potrebbe sconvolgere gran parte dei lettori, ma ancor più chi scrive sarebbe guardato con sospettosa circospezione se si affermasse che sul tavolino da notte tiene un vocabolario della lingua italiana. Eppure vale il principio - si attendono le controprove - che l'intelligenza e la cultura di una persona si può mettere in corrispondenza diretta con il numero di volte con cui consulta ogni giorno (sì, ogni giorno) un vocabolario. Se poi questa consultazione nella frenesia delle mode quotidiane diventa multimediale, informatica, o anche solo telefonica, poco importa. E oggi nelle crescente globalizzazione i vocabolari e i dizionari diventano sempre più necessari. Quale sia la differenza tra queste due «magiche» parole la si può trovare, per esempio sul Devoto-Oli, il Vocabolario della lingua italiana 2012 appena uscito dalla casa editrice Le Monnier. «Dizionario: raccolta di parole e locuzioni di una lingua disposte per lo più in ordine alfabetico, indipendentemente dalle variazioni morfologiche delle declinazioni e delle coniugazioni, e seguite da una definizione del loro significato». E d'altra parte «Vocabolario: libro che raccoglie le parole di una lingua con le rispettive definizioni, oppure con le rispettive traduzioni in altra lingua». Entrambe le parole risalgono, avverte la nota etimologica, al XVI secolo. E così nel citato Vocabolario, 3227 pagine sottilissime passano in rassegna una quantità di termini, lemmi, verbi, sostantivi, aggettivi, e chi più ne ha più ne metta, che costituiscono gli elementi del nostro parlare e soprattutto del nostro scrivere. Ma sarà poi vero? Se si leggono gli elaborati degli studenti universitari si osserva sempre di più la loro povertà lessicale e si potrebbe affermare che il vocabolario medio del giovane istruito di oggi non supera in media le cinquemila parole. O forse mi sbaglio, ma di certo non faccio errori nell'affermare che il passaggio dalla lettura alla visione, o meglio il transfer dalla carta stampata, qualsiasi essa sia, agli schermi parlanti accelera il processo di impoverimento del vocabolario personale. Nonostante questo i vocabolari diventano sempre più ricchi e il Devoto-Oli propone una grande quantità di neologismi non solo nella loro versione italianizzata come faxare e scannerizzare, ma moltissimi altri rimasti nel nostro idioma con la loro lezione originale, come per esempio il fatidico download, una malattia epidemica di cui più o meno tutti siamo affetti. E poiché a chi scrive piace leggere i vocabolari, soprattutto alla ricerca del nuovo e dell'insolito ecco che talvolta si scoprono alcune lacune come per esempio quella del payload, una parola assai in voga negli anni ottanta che sta per «carico pagante» ossia di quelle cose o strumenti scientifici che - era il caso della Cargo Bay dello Spacelab - dovevano essere trasportate per mezzo dello Space Shuttle in orbita per compiere esperimenti. E queste cose inevitabilmente essendo ingombranti e pesanti costituivano una voce di costo per il loro vettore. La storia potrebbe così continuare perché sorge subito la curiosità di andare a verificare se è presente lo shuttle. La voce mi rimanda a space shuttle senza ricordare che molto più prosaicamente spesso usiamo un bus-shuttle, una navetta per trasferirci dall'hotel all'aeroporto e dal gate (anche questa parola manca) all'aeromobile. E infine per ritornare alla Pagine Gialle, voglio solo ricordare come esse siano un vero specchio della nostra società, dei nostri consumi e dei nostri piaceri: se le biblioteche ne conservassero la serie storica si potrebbe davvero fare un'altra storia.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI