Vita falsificata «a fin di bene»: la retorica inquina la memoria
mercoledì 29 giugno 2016
Si dice spesso che il sistema dei media, specie in Italia, tende a conformarsi al modello televisivo e dunque a spettacolarizzare le notizie, a riferirle privilegiando i codici della fiction. Devo al blog “Dentro le mura” di Alessandro Notarnicola ( tinyurl.com/jktrsh7 ), che l'ha ripresa dal sito del “Corriere della sera”, la scoperta di una storia che interpreta questa tendenza al di là della mia immaginazione. È quella di Joseph Hirt, un ebreo polacco oggi ottantaseienne che negli anni Quaranta riuscì a sottrarsi al genocidio perpetrato verso il popolo ebraico emigrando, con la famiglia, verso gli Stati Uniti, ma che negli ultimi anni si era inventato una ben più dolorosa e coinvolgente storia di sopravvissuto ad Auschwitz, ottenendo di essere spesso convocato nelle pubbliche commemorazioni della Shoah come testimone. Smascherato da un professore di storia sufficientemente esperto in materia da sapere quali date e quali fonti controllare, il signor Hirt non è sembrato un semplice impostore: oltre a scusarsi con le vere vittime, ha detto di aver voluto, con la sua «falsificazione», contribuire a tenere viva la memoria della Shoah e a evitare che un ex campo di sterminio si trasformi in una banale meta turistica. Ma ora che la verità è venuta fuori, rischia il risultato opposto: un testimone falso, anche se verosimile, vale molto meno di qualunque fiction.Per «conservare nel futuro dell'Italia la memoria di un tragico e oscuro periodo... affinché simili eventi non possano mai più accadere», in Italia è stata istituita una “Giornata della memoria”, ma a ogni 27 gennaio il sistema dei media, ansioso di “spettacolarizzarla”, inscena una sempre più modesta competizione per chi mette in pagina il ricordo più originale, o inedito, o toccante... così che, se si presentasse un signor Hirt, temo che gli si darebbe la parola senza farsi tante domande, e con un bel po' di retorica. Spero di sbagliarmi.
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