Sparisce un ragazzo che aveva lasciato la propria casa per correre un mattino e il mare lo restituisce, dopo giorni di angoscia e di attesa, 300 km più in giù, sulle coste del nostro lungo Paese. Una madre chiama Chi l'ha visto dicendo che anche suo figlio è sparito da tempo e nessuno l'ha aiutata a cercarlo. Un bambino viene ucciso assieme a suo padre con un colpo di rivoltella in una zona centrale della città. Queste le notizie di un solo giorno. Cosa è successo alla nostra società, alla nostra vita? Fatti che sconvolgono più degli atti di violenza e dei soprusi messi in atto dalla malavita, perché ci toccano nel nostro quotidiano e ci tolgono la sicurezza di camminare sulle strade, nei luoghi dove si fa la spesa, lungo il mare dove ogni giorno ritornano le barche con la pesca, alla sera quando si abbassa la saracinesca del proprio negozio. Fatti cui un tempo, quando l'economia del nostro Paese ci permetteva una sicurezza maggiore di oggi, guardavamo – raccontati alla tv – dal nostro salotto o dal tavolo da pranzo quasi fossero storie di altri. Se ne poteva parlare e giudicare con opinioni diverse poiché non ci sentivamo personalmente messi in discussione. Oggi in un momento di crisi che ci rende più insicuri del nostro futuro, ogni atto che colpisce l'armonia della nostra società ci trova più scoperti, più deboli nelle nostre reazioni. Partecipiamo alle fiaccolate di protesta certamente, ma resta un atto dovuto e limitato. Forse la possibilità di un minore dispendio di denaro, la scossa psicologica che dà la perdita di un lavoro o l'aumentata difficoltà per trovarne uno ci ferma a riflettere sul mondo che ci vive attorno e a scoprire finalmente che tutto ci riguarda: il male e il bene, la paura e la morte senza una ragione. I media ci avevano abituato a leggere e a guardare i fatti negativi come scorresse davanti a noi un film, a volte tanto ripetitivo da annoiare invece di sollecitare in noi una meditazione sul degrado della nostra società. Con lentezza anno per anno è penetrato nella nostra vita un eccessivo concedere o accettare come inevitabile la corruzione, la perdita di rigore civico, il mancato rispetto della persona. Abbiamo accolto come regime di vita l'egoismo, il bene proprio, utilizzando mediazioni illecite senza rimorso e senza più scandalo. Gli errori e la conduzione disonesta della cosa pubblica che la stampa evidenzia diventano lo scoop di un giorno e non scuotono la nostra coscienza, se non ci toccano personalmente. Ma ora se non vogliamo che i nostri figli perdano la vita sulla strada o non conoscano la gioia di vivere che è risultato di una buona coscienza, dobbiamo ritrovare l'anima di questa società. Migliorare il costume e l'atteggiamento nei confronti del mondo che ci vive accanto, anche se di colore o tradizione diversa. Pretendere da chi ci governa la dirittura morale che ricordiamo essere la forza maggiore per uscire da ogni crisi. Ritrovare l'orgoglio d'essere onesti.
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